Mi piace ascoltare i discorsi della gente, quando vado in giro.
La gente mi interessa, quella comune, come me. Non è curiosità meschina, la mia, non credo, no.
E’ che a volte mi sembra, ascoltando quei mozziconi di discorsi, di stare leggendo un libro. Poi, magari, vado avanti da sola, nel raccontarmi la storia…
Così come mi piace, mi intriga, passare davanti a finestre illuminate, quando per esempio viaggio in treno. E così, dal tipo di illuminazione, gioco a immaginarmi chi ci viva, dietro quelle finestre.
Anche ieri, sull’autobus 28 che mi portava in centro, ho ascoltato.
Un uomo e una donna, seduti di fronte a me, amici, o conoscenti, non so. Parlano di figli, e di scelta di scuole, dei licei che ci sono in città, per la precisione. Forse una scelta per il prossimo anno, o forse una scelta già fatta. Questo è buono, questo no, quello è distante. Poi la signora dice: Al…(e cita il nome di un noto classico) c’è un ambiente orribile. Figurati, dice all’uomo, che sabato pomeriggio mia figlia è uscita con delle ragazzine che frequentano quella scuola. E’tornata a casa avvilitissima perché l’hanno presa in giro in maniera pesante (pesa, ha detto, giustamente, la signora…). E sai perché? Perché era l’unica a non avere la carta di credito! Ma mia figlia ha 14 anni, e anche loro ne hanno 14…Ma come è possibile? La carta di credito a 14 anni…Che roba assurda…
Beh, un po’ ‘sta cosa mi ha sconvolto. Siamo messi così, davvero? Eh, sì, siamo messi così. Fino a qualche anno fa (forse prima dell’era berlusconiana?) una ragazzina veniva presa in giro se non aveva le Nike o altre robe così. E già, per me, era orribile…E ora…Mah…a volte, a me, mi sembra di sognare… Che forse è un po’ una frase alla Paolo Nori (che si vede che in un certo senso mi ha colpito), ma quando ci vuole ci vuole.
Per fortuna, però…(anche se quel per fortuna, visto chi sono i protagonisti del prossimo discorso rubato, parrebbe ironico, ma non lo è affatto), per fortuna esiste anche gente così.
Circa un anno e mezzo fa, più o meno. Un treno è in ritardo per cui mi ritrovo a entrare nella sala d’aspetto della stazione di Bologna (già, “quella” sala d’aspetto..). E’ piuttosto affollata. Viaggiatori, sì, come me. Ma anche uomini e donne senza dimora, senza casa, homeless, insomma, come si dice adesso, che puoi vuol dire esattamente senza casa, ma sembra più elegante dire homeless. Mi siedo vicino a una coppia anziana, lei indossa due o tre maglioni uno sull’altro, lui un cappotto tutto consumato. Mi sorridono, poi continuano a parlare con un ragazzo che siede loro accanto. Che ha una camicia, addosso, e un paio di jeans sdruciti davvero, e non per finta, come quelli delle boutique che costano mezzo stipendio (non il loro, di stipendio, naturalmente). La coppia non conosce il ragazzo, gli parlano gentilmente, però. Gli chiedono da dove viene, quanti anni ha…Ce li hai i documenti, vero? Senza quelli non puoi fare niente, l’assistenza non te la danno, se non hai i documenti. Il giovane è reticente, dice prima una cosa, poi un’altra…Da dove viene lo dice dopo un bel po’. Sono stato dentro, dice, o qualcosa del genere, per dire, insomma, che è stato dentro. I documenti non li ho, perché non ho una residenza, i miei mi hanno cancellato dal mio comune, dice. (Il comune è un paese del sud, di cui io non ricordo il nome.)
Devi averli, i documenti, asserisce il signore anziano. Poi si rivolge alla sua compagna: fagli vedere, le dice, fagli vedere le nostre carte di identità. E dice “carte di identità” quasi sillabando, ma con una voce dolce e orgogliosa al tempo stesso, lo dice come se parlasse di nettare e ambrosia. O di un figlio. Lei si china, mette la mano in un sacchetto di plastica ai suoi piedi, e tira fuori una bustina tutta ordinata. Lui la prende, toglie le carte di identità, le apre e le mostra al ragazzo: Vedi, gli dice, vedi: siamo noi, siamo noi, ripete. Quasi incredulo, come se avesse fra le mani un biglietto vincente della lotteria.
Una carta di identità. Per noi importante solo per l’aspetto burocratico. Per loro, per quei due senza fissa dimora, un segno, l’unico, della loro identità.
Questa cosa mi rimarrà impressa per sempre.
Altro che carte di credito…
Nel frattempo erano arrivati i volontari (non so se della Caritas o di Piazza Grande) a distribuire il cibo. Panini e caffè. La signora apre il suo contenitore, si volge verso di me e con un sorriso gentile mi chiede? Ne vuole un po’, signora?
E così ora, questa sera, il giorno dopo dell’autobus 28, mi vien proprio da dire: Vaffa…il liceo classico e le carte di credito…
Perché quando ci vuole ci vuole…
Corollario: che c’entra eccome, e che potrei sottotitolare Viva l’Italia
Oggi sul giornale ho letto che questa sera iniziava L’isola dei famosi.
E dopo in Blob ho visto Bruno Vespa (e già questo basterebbe, solo vederlo, intendo) mentre leggeva. durante la sua ignominiosa trasmissione cose personalissime che Pavarotti ha confidato a qualcuno.
E dopo c’è stata una pubblicità dove quell’onesto ragazzino che corrisponde al nome di Valentino Rossi si lamentava di qualcosa che gli era malauguratamente accaduto questa estate…
E dopo ho spento la tv.
Va beh, consoliamoci con Mozart, questa notte…
anch’io quando sono in treno sbircio impudicamente nelle finestre e già quella luce giallognola mi accende mille storie. Per il resto non ci sono parole eppure son sicura che tra le liceali (a mia figlia, scuola media, fanno già le torture) e gli homeless, i più felici alla fine sono questi ultimi… almeno hanno un’identità !
Putroppo in una società organizzata come la nostra, praticamente si farebbe meglio a dire in una società globalizzata in cui la cultura ( si fa per dire ) è quello predomaninante del modello americano o americaneggiantr, l’ identità dell’ individuo è un ‘ identità di “funzione”.
Io sono il manager. io sono l’avvocato, io sono il generale ecc. anche il ” pensionato ” di lusso, riveste un ruolo di prestigio. Quando all’ individuo si toglie la sua
” funzione ” sociale, in questa nostra società ( mi si lasci passare l’a’ allitterazione ), dentro l’ individuo c’ è il ” vuoto “; perde la sua identità e si sente smarrito,
” inesistente”. Purtroppo!!
Ha ragione Patrizius. La mancanza di un’identità culturale, supplita con quella di un paese egemone che pure ne difetta, provoca un generale malessere di cui ogni giorno di più verifichiamo le conseguenze.
Fra Castoro da Girgenti
Pier (7 anni) oggi mi ha detto che ha il cellulare per mandare gli sms alla mamma e al babbo. Un altro bambino mi a voce alta come mai un suo compagno non cambiava la maglia. ( L’aveva dal primo giorno di scuola)
Perciò non mi stupisce che abbiano preso in giro una ragazzina che non ha la carta di credito. sono i tempi di oggi.
Pier (7 anni) oggi mi ha detto che ha il cellulare per mandare gli sms alla mamma e al babbo. Un altro bambino mi ha chiesto a voce alta come mai un suo compagno non cambiava la maglia. ( L’aveva dal primo giorno di scuola)
Perciò non mi stupisce che abbiano preso in giro una ragazzina che non ha la carta di credito. sono i tempi di oggi.
Quando entro in classe mi passano ai raggi x e dichiarano il loro gradimento nell’ordine: per le mie pettinature, le mie scarpe, i miei abiti e il colore degli accessori. Apparire, ecco il loro obiettivo al meglio , ma come gli altri.
Ciao Riri52
Anch’io Milvia mi fermo spesso a riflettere sulle conversazioni che ascolto per strada o in un negozio. Aiutano molto a capire il mondo in cui viviamo e spesso mi colpisce notare come è cambiata la comunicazione…intanto è tutto più “gridato”, esibito…la riservatezza o meglio il riserbo non esistono più.
Pensa a quante volte attraverso il cellulare siamo “costretti” ad entrare nella vita della gente e a venire a conoscenza di dettagli della loro vita domestica e familiare
di cui faremmo volentieri a meno.
L’altro giorno sull’autobus mi ha molto divertita la conversazione di una signora con un lui che doveva andare a pranzo da lei il giorno dopo, ma evidentemente non era molto convinto e lei si affannava ad elencargli tutto quello che gli avrebbe preparato compresi i fagiolini, ma quelli fini, senza filo, come quelli dell’altra volta…
Grazie per il video con la musica di Mozart; grande la musica , ma deliziosi i disegni di animazione!
A proposito, c’è qualcuno che mi sappia dire come faccio a salvare e a mettere in una cartella di preferiti
i tanti video che postate nei blog?
Grazie luci
Tutto è relativo, ci accorgiamo del valore delle cose quando non le abbiamo… più!
In teoria tutti dovremmo avere la carta di identità perchè tutti abbiamo dei diritti anche se magari non abbiamo dei beni e un tetto sulla testa.
Domenica scorsa ero alla Stazione di Bologna in sala di attesa, ed ogni volta che ci vado e leggo quei nomi mi vengono i brividi.
Ciao Milvia
Elisa
@Per tutti: intanto vi dico solo grazie della visita. A domattina! Vado a nanna, ora….
@Cinzia: Mi spiace veramente che alla tua piccola facciano…le torture. L’unico modo di proteggerla è renderla forte e sicura delle sue idee.
@Patrizius: Sì, una società che si fa sempre più…asociale, che assurdamente più globalizza, più rende l’individuo assolutamente solo.
@Eh eh…Fra Castoro, sempre saggio, lei…
@Rita: tu che ne hai la possibilità non stancarti mai di parlare ai tuoi ragazzini
della differenza che passa fra l’essere e l’avere.
@Luci: ho inserito il tuo appello nel mio post di oggi, speriamo che intervenga qualcuno…
Chissà se quel signore poi è andato a quel pranzo…
@Elisa: sono molto contenta di leggerti di nuovo.
Anche a me vengono i brividi, quando leggo quei nomi, o vedo quell’orologio fermo.
Se passi ancora da Bologna fatti sentire…
@Tutti: un abbraccio forte forte (anche a lei, Fra Castoro…)
Fai venire voglia di mettersi sul 28 e di girare per tutto il pomeriggio in ascolto di storie 🙂
(grazie per la citazione del blog :-))
O forse sarebbe meglio chiudersi le orecchie…Mah…
Segnalare il tuo blog è un dono per chi, attraverso il mio, può leggere tutte le cose belle, imperdibili, che scrivi…
Milvia