3 dicembre 1938, 31 agosto 1941, 11 febbraio 1963, 4 ottobre 1974, 11 febbraio 1996.
Cinque date. Cinque suicidi, uno per ogni data. Cinque donne. Cinque vite tormentate.
Chissà se significa qualcosa il fatto che fossero cinque poetesse? Forse quindi non è vero che la poesia salva la vita. Forse la poesia può uccidere. Forse è il saper vedere "al di là", è la vocazione a "voler dare sintesi all’universale", forse è questo che fa desistere dal vivere, che, come scrisse Antonia Pozzi nel suo biglietto d’addio, causa “una disperazione mortale”?
Forse no. Forse ci sono più suicidi, chessò io, fra gli idraulici, o fra gli avvocati, o fra i rappresentanti di commercio o fra i bancari.
Eppure.
Eppure non so: forse è solo una sorta di morbosità, la mia. Ma ci penso, a queste donne. Penso come sarebbe stata la loro vita, e la loro fine, se non avessero abbracciato la Poesia, o meglio se la Poesia non le avesse stette nel suo abbraccio. Penso a chi di loro potrebbe essere ancora in vita, se fossero state solo donne. Solo donne e basta.
Antonia Pozzi ( 1912 – 1938)
Periferia in aprile
Intorno aiole
dove ragazzo t’affannavi al calcio:
ed or fra cocci
s’apron fiori terrosi al secco fiato
dei muri a primavera.
Ma nella voce e nello sguardo
hai acqua,
tu profonda frescura, radicata
oltre le zolle e le stagioni, in quella
che ancor resta alle cime
umida neve:
così correndo in ogni vena
e dici
ancora quella strada remotissima
ed il vento
leggero sopra enormi
baratri azzurri.
Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941)
Indizi
Come spostando pietre:
geme ogni giuntura! Riconosco
l’amore dal dolore
lungo tutto il corpo.
Come un immenso campo aperto
alle bufere. Riconosco
l’amore dal lontano
di chi mi è accanto.
Come se mi avessero scavato
dentro fino al midollo. Riconosco
l’amore dal pianto delle vene
lungo tutto il corpo.
Vandalo in un’aureola
di vento! Riconosco
l’amore dallo strappo
delle più fedeli corde
vocali: ruggine, crudo sale
nella strettoia della gola.
Riconosco l’amore dal boato
– dal trillo beato –
lungo tutto il corpo!
Sylvia Plath (1932-1963)
Papaveri in ottobre
Neppure le nuvole assolate stamattina riescono a dare
gonnelle come queste.
Neppure la donna dell’ambulanza
il cui cuore rosso fiorisce così stupefacente dal cappotto.
Un dono, un dono d’amore
del tutto non richiesto
da un cielo
che pallido e infiammato
accende i suoi monossidi di carbonio, da occhi
che si arrestano torpidi sotto le bombette.
O mio Dio, che cosa sono io
perché queste bocche tardive si spalanchino a un grido
in una foresta di gelo, in un’alba di fiordalisi?
Anne Sexton (1928 1974)
Giovane
Mille porte fa,
quando ero una ragazza sola
in una grande sala con quattro garage,
una notte d’estate se ricordo bene,
ero stesa sul prato
e sotto di me, increspato il trifoglio,
e sopra, distese, le stelle,
e la finestra di papà, semichiusa,
un occhio da cui passa chi dorme,
e le assi della casa
erano bianche e lisce come cera
e milioni di foglie sbattevano,
come vele sui loro strani gambi
e i grilli ticchettavano tutti insieme
e io, nel mio corpo nuovo fiammante,
non ancora di donna,
facevo domande alle stelle
e pensavo che Dio vedesse veramente
calore luce dipinta e gomiti
ginocchia sogni buonanotte.
Amelia Rosselli (1930-1996)
A Pier Paolo Pasolini
E posso trasfigurarti,
passarti ad un altro
sino a quell’altare
della Patria che tu chiamasti
puro…
E v’è danza e gioia e vino
stasera: – per chi non pranza
nelle stanze abbuiate
del Vaticano.
Faticavo: ancora impegnata
ad imparare a vivere, senonchè
tu tutto tremolante, t’avvicinavi
ad indicarmi altra via.
Le tende sono tirate, il viola
dell’occhio è tondo, non è
triste, ma siccome pregavi
io chiusi la porta.
Non è entrata la cameriera;
è svenuta: rinvenendoti morto
s’assopì pallida.
S’assopì pazza, e sconvolta
nelle membra, radunata a sé
gli estremi.
Preferii dirlo ad altra infanzia
che non questo dondolarsi
su arsenali di parole!
Ma il resto tace: non odo suono
alcuno che non sia pace
mentre sul foglio trema la matita.
E arrossisco anch’io, di tanta esposizione
d’un nudo cadavere tramortito.
…Aprirono i loro cuori alla poesia e la poesia, abbagliata da tanta sensibilità , s’illuminò della loro luminosità …
Gianni Langmann
Grazie veramente,molto gradito conoscere cose che non sapevo ed illuminarmi di poesia…
Tinti
grandissime!
e grande tu ad averle riproposte.
grazie.
Il mestiere della scrittice o dello scrittore, portato avanti con passione estrema stravolge la mente, elimina ogni tipo di anestesia naturale all’esistenza. Ogni cosa, oggetto, vissuto proprio o altrui, è visto e interpretato con un coinvolgimento che non ha eguali neppure nella passione amorosa. Per taluni. Se si è bravi scrittori, si diventa “altro” nel meccanismo dell’identificazione. Si è capaci di vivere altre vite contemporaneamente alla propria; a volte della propria ci si scorda. Le artiste che hai citato, è possibile che abbiano fatto questo. E’ possibile che si siano perdute. E’ possibile che, non fossero state scrittrici, sarebbero finite di differente sorte. Certamente partivano da una fragilità di base, oppure, solamente stirando e accudendo figli, non avrebbero avuto l’occasione di specchiarsi. Non lo possiamo sapere con certezza. Intuire sì, e anche spaventarsi per se stesse quando in alcuni momenti le si comprende molto bene.
Un abbraccio.
Eppure esistono creature che hanno scelto la loro sorte, superando e affrontando la fragilità di base, superandola con passione, soffrendo, ma senza esserne travolte.
Gianni Langmann
Comunicato del 27 febbraio 2009[..] [..]
Amo la poesia, la frequento, non condanno le donne e nemmeno gli uomini! Vedi: Pavese…etc. Cari saluti.
La poesia di per sé non uccide. Uccide il bisogno di poesia e di crederci.
Forse quello che veramente uccide non è la poesia, ma la mancanza di poesia nella vita. Queste poesie che hai riportato sono splendide: le hai riportate in vita,quelle splendide anime, se posso permettermi di scrivere questo.
Non c’è molto da dire, solo da guardare i loro occhi, guardarci dentro bene, profondamente: ci sono tutte le poesie, anche quelle non scritte, quelle che avrebbero potuto scrivere ancora. E c’è anche tutto quello che le ha uccise….
Un abbraccio (mi scuso, nel commento sopra me ne sono “scappati” due di seguito). :*
Grazie per i commenti.
Milvia