Tramonto a Santarcangelo di Romagna
Ripercorri le stesse strade, scale, piazze. E ti sale alla mente un’idea bizzarra: che i passi antichi di una donna ancora giovane, e del suo ancora giovane compagno che teneva un bambino sulle spalle, quei piedi che salivano e scendevano scale, che sostavano nelle piazze, che riprendevano il cammino, che battevano il selciato a tempo di musica, avrebbero portato, tanti anni dopo, quella donna, il suo compagno e quel bambino ormai uomo, davanti a un bivio. Che tutto, pensi, era già accaduto, in un certo senso. Che la loro separazione era una storia già scritta, pensi. E ti avvolge, allora, una tristezza che fa fatica ad andarsene. E ti viene in mente la parola “spreco”.
Nell’ultimo fine settimana sono stata a Santarcangelo di Romagna, dove si sta svolgendo la quarantunesima edizione del Festival Internazionale del Teatro in Piazza. A Santarcangelo ci abita, da qualche anno, mio figlio. E ripercorrere con lui le strade di quel paese d’incanto, assistere, insieme, a qualcuno dei tanti eventi che popolano il festival è stato emozionante. Cosa lui si ricordi delle prime edizioni del festival, degli spettacoli che vedeva dall’alto delle spalle di suo padre, non so. Ricordo che allora sembrava gioioso. E anche suo padre e io lo eravamo.
In quegli anni, il Festival, i santarcangiolesi lo chiamavano il festival degli hippy, ricordo; e non è che fossero poi tanto contenti di ospitarlo.
Poi penso che abbiano capito che poteva portare benefici economici al paese, e adesso, io credo, sono contenti. L'atmosfera un po' naïf dei primi anni è cambiata. Ora molti spettacoli si svolgono in locali chiusi, c’è meno improvvisazione e maggiore organizzazione. Cose molto belle, cose meno belle. Qualcuna che, a leggere il programma, mi appare incomprensibile e fredda, troppo intellettuale, mi vien da dire, perché io possa apprezzarla. Così non le prenoto, quelle.
Bello è stato l’incontro con Tahar Lamri, sulla poesia araba. Bello, anche, ascoltare una giovane poetessa di Santarcangelo, Annalisa Teodorani, leggere le sue poesie in dialetto. Bello andare in giro a fotografare cose e persone, fermarsi ad ascoltare musica, sedersi sul bordo della fontana, e chiudere gli occhi, ascoltando il fresco rumore dell’acqua. E altre cose belle ho visto, ho assaporato.
Però, ecco, è come quando guardi un film: il film ti piace, tanto che lo rivedi più volte, nel tempo. Ma, stranamente, quando ci ripensi, è una sola scena che ti rimane ben impressa, e sempre la stessa. Almeno è così che a me capita.
Di questo primo fine settimana del festival a me rimarranno per sempre impresse due cose: Mariangela Gualtieri che al tramonto, dall’alto della Torre civica, con la luna poco più su e il cielo attraversato dal volo dei rondoni, si fa muezzin della poesia e “dice” la sua preghiera laica di ringraziamento al “bello mondo”.
E ancora, e maggiormente, Paolo Nori che, nell’ampio nudo spazio dello Sferisterio canta, nella notte che inizia, l’Internazionale. Con una voce potente, la canta, una voce bellissima. E la canta in russo, l’Internazionale. E il tutto è soprendente, magnificamente sorprendente. Sia sotto la Torre Civica, sia ai bordi dello Sferisterio, commuoversi è stato inevitabile, per me.
Ora non mi resta che aspettare il prossimo fine settimana, quando si concluderà il Festival. Ancora Mariangela Gualtieri, ancora Paolo Nori. E tanto altro, ancora. Poi il paese, che è bellissimo. E al diavolo i rimpianti, e i pensieri bizzarri.
Buona settimana a tutti, buona vita.
Buona giornata
Un racconto che si legge tutto d’un fiato, perché intreccia con attenta scrittura fatti della vita con arte e cultura a tutto tondo.
Adriano Maini
L'ottimismo della ragione, della volontà, e, soprattutto dell'esperienza coinvolgente appena vissuta; grazie per averne dato un resoconto così vivo.
Quanto al senso di spreco dei fiori appassiti lungo il cammino, nella prospettiva della fugacità della vita tutto potrebbe essere considerato tale.
Tanto vale cercare il meglio lungo il cammino che ci è dato, …seguendo il tuo stesso esempio.
Ciao, cara amica.
Franz
Come ti capisco, cara amica. Figurati che io, per non incontrare la me stessa che ero e sono stata e non riconosco più, evito addirittura di percorrere certe strade…
Buona giornata.
Mirella
Gemisto: chiedo scusa anche a te, caro amico, se rispondo in ritardo al tuo bellissimo, invitante buongiorno! Ma, come ho scritto a un altro commentatore, ho dovuto terminare un lavoro impegnativo. Non so mettere le foto nei commenti, e non posso quindi ricambiare il tuo omaggio, davvero gradito. Ti lascio con l’augurio di trascorrere un lieto fine settimana. Ciao!
Milvia
Adriano: mi fanno sempre molto piacere le tue visite e i tuoi apprezzamenti. Io, un po’ per pigrizia, un po’ per impegni, navigo poco, e non riesco a ricambiare. Grazie, quindi per la tua generosità.
Ciao, Adriano!
Milvia
Franz: seguire il mio esempio?… Non ho esempi da dare, tutt’altro. Comunque, grazie.
Milvia
Mirella: Beh, Mirellina, io (sarò masochista?), invece ogni tanto ritorno sui luoghi del delitto.
Un abbraccio.
Milvia