Non conosco molto bene la Sardegna, non conosco le sue spiagge, se non quelle dell’isola di Carloforte, o isola di San Pietro. Non conosco le sue città: di Cagliari pochi incantevoli frammenti e basta. Dei suoi paesi conosco Uta, abbastanza bene e, molto di più Seneghe, piccolo centro in provincia d’Oristano che ospita il festival di poesia (ma non solo) più magico d’Italia: Cabudanne de sos poetas , che, da tre anni, è diventato per me un irrinunciabile appuntamento.
Ma basta, questo, per mettere quel titolo “Sardegna, mon amour” al mio post? No, non basterebbe. Il fatto è che ho imparato ad amare la Sardegna attraverso i suoi abitanti e attraverso chi, nato in Sardegna, si è poi spostato in altri luoghi. Ho conosciuto la loro gentilezza e ospitalità e generosità e bellezza interiore. Di tutti, direi, davvero di tutti.
Alcuni di loro sono scrittori, e sono molto orgogliosa di conoscerli personalmente. Credo che per un lettore non ci sia nulla di più gratificante dello scoprire che un autore che ama è anche una bella persona nella vita di ogni giorno. Sono quindi davvero felice che i primi mesi del 2012 mi daranno la gioia di tenere fra le mani le nuove creature dei miei amati scrittori.
Così, con l’aiuto di un articolo di Giambernardo Piroddi, pubblicato su Sardegna 24 il 31 dicembre e intitolato, non a caso, “ Sarà un anno sopra le righe” voglio presentarvele in anteprima, queste creature.
Inizio con un debutto: l’esordiente è Paola Soriga (proprio lei, la sorella di Flavio Soriga, e figlia dei miei carissimi amici di Uta). Con Einaudi Stile libero uscirà il suo “Dove finisce Roma” : storia di Ida, tra Resistenza e movimento partigiano. Ho avuto modo di leggere qualche inedito di Paola e mi sa proprio che i fratelli Soriga l’arte dello scrivere l'hanno nel DNA. Perché è tanto brava anche Paola, come scrittrice.
Un’altra uscita che attendo con impazienza è la raccolta di racconti di Savina Dolores Massa , alla sua terza prova letteraria. Mesi fa ho letto “Mia figlia follia” e l’ho trovato un romanzo straordinario. Savina è un’amica, ma l’amicizia (e questo vale per tutti gli scrittori cui sono legata affettivamente) non influenza per niente il mio giudizio. Non vedo l’ora quindi di trovare la stessa straordinarietà in “Altre madri”, edito da Il Maestrale: “Storie di vita di un’isola amata e amara –si legge nella quarta di copertina-, una scrittura dissacrante che accarezza e scuote.
E ancora come non gioire per la nuova opera del carissimo amico Alberto Masala? Un saggio, il suo, che contiene riflessioni sul senso del fare arte e poesia ai giorni nostri. Conoscendo la profondità e l’originalità del pensiero del poeta e dell’uomo Masala, sono sicura che sarà una lettura che mi arricchirà tantissimo. Il titolo è “Geometria di libertà- terza scrittura” , la casa editrice è ancora la cagliaritana Il maestrale.
A chiudere l’elenco, ecco il romanzo di un’altra scrittrice che amo e che di presentazioni non ha certo bisogno: Milena Agus. Di lei ho letto tutto, e tutto mi ha incantato. E mi incanterà anche "Sottosopra" (Edizioni Nottetempo): “Nel mondo di Milena Agus c’è sempre tutto, un tutto familiare, a portata di mano, che si rovescia continuamente come una clessidra di sabbia, ma quel che si rovescia non è solo la vita dei personaggi, ma il sottile rapporto fra la realtà e la scrittura, fra il potere dell’immaginazione di ricreare la vita e il tempo che sopraggiunge e chiude il sogno.”
Paola, Savina, Alberto e Milena: in bocca al lupo! E grazie per allietarmi la vita con i vostri libri. È anche merito vostro se dico: “Sardegna, mon amour”.
La Sardegna è capitata in Italia per un avventuroso gioco della sorte: il dialetto corso, ad esempio, è molto più vicino all'italiano standard di quanto non lo sia la lingua sarda, dalle fortissime influenze catalane.
La Sardegna è grande il doppio di Cipro e 80 (dicesi ottanta) volte più grande di Malta, che hanno raggiunto l'indipendenza (anche se quella di Cipro è oggi abbastanza in discussione e nella sua interezza non è durata più di una dozzina d'anni fra l'emancipazione dal Regno Britannico e l'invasione turca del 1973).
La Sardegna no. Troppo bella, troppo ricca di risorse, in posizione troppo strategica nel Mediterraneo, ha avuto il destino di essere sempre periferia di qualche impero.
Un po' come Trieste, a pensarci bene, che nell'ultimo secolo è appartenuta a 3 nazioni diverse senza farci nemmeno troppo caso, galleggiando tra Austria, Jugoslavia ed Italia con soave levità. Il suo simbolo è Italo Svevo, industriale col pallino della letteratura che trattava gli affari in tedesco, scriveva in italiano e parlava rigorosamente in triestino anche con James Joyce.
Gli strani casi della storia han fatto sì che, al momento dell'avventura dell'unificazione (che Cavour e Mazzini immaginavano graduata e cadenzata lungo sentieri prioritariamente diplomatici e probabilmente non estendentesi oltre Roma, ma poi la storia fa i suoi capricci di bambina viziata e non si cura degli uomini) la Sardegna fosse già parte del nucleo originario del futuro stato italiano, e quindi abbia vissuto la vicenda senza nè gli entusiasmi di molti lombardi e toscani (sui veneti bisognerebbe fare un discorso un po' più lungo) nè il disorientamento sconfinante nella ribellione dei sudditi del Regno delle Due Sicilie.
Forse va ricercato in questa curiosa contingenza l'eccezionale contributo che la gente sarda ha dato all'Italia.
Come va ricercata qui l'origine di un indipendentismo che non ha lo stile truculento e sboccato di quello di impronta leghista.
Arriverei a dire che i sardi ci insegnano un modo di essere italiani del tutto privo di retorica ma ben pieno di sostanza (e questa è una loro indiscussa specialità).
Mentre scrivo questo commento vedo Splinder in piena fase di trasloco, con strane stringhe che ricordano il linguaggio-basic pre-Windows quando eri tu che dovevi parlare il linguaggio del computer perchè lui non era portato a capire il tuo.
Ed avendo attraversato un gran numero di traslochi in vita mia, percepisco quel misto di eccitazione e di nostalgia che ogni passaggio lascia.
Grazie comunque per i tuoi pensieri dedicati alla mia, alla nostra Sardegna
Con tutto il rispetto per il Corso, il dialetto sardo, soprattutto quello più importante che è il logudorese, ha profonde radici latine, alcune anche greche.
Ciao Milvia, a presto
gavino
Luca: Due punti del tuo ricco commento mi piacciono particolarmente. Uno è questo: "Arriverei a dire che i sardi ci insegnano un modo di essere italiani del tutto privo di retorica ma ben pieno di sostanza (e questa è una loro indiscussa specialità)", perché lo condivido. L’altro è ":.. ma poi la storia fa i suoi capricci di bambina viziata e non si cura degli uomini", perché mi diverte immaginare la storia non come una figura seria e anche un po’ lugubre (tipo il successore dell’unto del Signore, insomma), ma come una bambinetta viziata e capricciosa.
Se ami, come mi sembra di capire, la Sardegna, ti consiglierei di leggere i libri di Flavio Soriga, in particolar modo “Il cuore dei Briganti”, una sorta di romanzo epico, e la “non” guida “Nuraghe beach”.
Spero tanto, caro Luca, che tu continuerai a seguirmi anche nella mia nuova casa. I tuoi commenti sono preziosi, per me, c’è sempre qualcosa da imparare, nelle tue parole.
Come hai notato, infatti, sono in fase di trasloco. Per ora tutto è ancora in disordine, mancano gli asciugamani per gli ospiti, le tazze da the sono ancora imballate, ci sono scatoloni ovunque. Ma fra poco potrò darti il mio benvenuto.
Ciao, Luca!
Milvia
Gavino: Alla “nostra” Sardegna, sì. Perché la sento un po’ anche mia, la tua bella Isola.
So che il tema del dialetto sardo, o forse meglio dire, delle lingue sarde, è piuttosto complesso. Me ne scrisse, anni fa, Alberto Masala. Mi mandò anche una cartina ben dettagliata.
Anche a te, Gavino, rivolgo l’invito di venirmi a trovare nel mio nuovo blog. Non c’è nulla che mi faccia più piacere delle visite degli amici.
Buon proseguimento di settimana, Gavino!
Milvia
Milvia! Che meraviglia il tuo post sull'art. della Nuova Sardegna! Che dire, sei bravssima, è un piacere leggerti. Hai visto? tre amici tuoi in un solo art.icolo. Baci e ancora gra<ie per l'affetto che regali alla mia famiglia.
Raffaela: come dire, Raffaela cara: se si conosce la famiglia Soriga non si può non amarla… Non vedo l’ora che i libri escano. Hai visto che ne ha scritto anche Paolo, del libro di Giovanna Paola?
Un abbraccio a tutti voi, carissimi.
Milvia