Definizioni (di) e considerazioni (su) un paese che affonda

Può essere che questo post irriti i miei lettori. Mi è già capitato, tempo fa, di esporre le idee che qui sono contenute, nella pagina facebook di “Tutta la Città ne parla” e ho ricevuto insulti da un commentatore. Ma, sbagliato o no, questo è il mio pensiero.

Italia:

terra di santi poeti naviganti (Benito Mussolini:1934)

Io sono nato in un dolce Paese
Dove chi sbaglia non paga le spese
Dove chi grida più forte ha ragione
Tanto c’è il sole e c’è il mare blu (Sergio Endrigo: 1967)

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello! (Dante Alighieri: VI canto del Purgatorio 1320)

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos’è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene. (Franco Battiato:1991 )

Italia:
paese di furbi e furbetti, di ladri di caramelle e ladri di esistenze, di disonesti potenti e disonesti anonimi. Di burattinai e burattini. Paese di corrotti e corruttori. Di pochi ribelli e di molti complici. Di relativamente pochi indignati e di tanti menefreghisti. Di macellati e di macellai.  Di agnelli sacrificali e di pecore cieche.

Paese in cui l’affermazione: mi assumo la responsabilità delle mie azioni è ben difficile da udirsi.  In cui la parola rigore è solo legata, in questo periodo di crisi, ai sacrifici economici, e non al vocabolo etica.
Siamo un paese immorale, un paese in cui gli scandali si ripetono ciclicamente, sempre gli stessi, ma con connotazioni via via peggiori.
Viviamo su sabbie mobili e affondiamo nel melma ogni giorno di più.
Ma la maggioranza dei sudditi ancora non se ne accorge.
Perché molti, fra i sudditi, assomigliano, troppo spesso, ai governanti. La disonestà e la furbizia li accomuna.

Certo: c’è differenza fra passare una bustarella di qualche migliaia di euro a un funzionario dell’amministrazione pubblica per ottenere celermente un permesso edilizio,  e dilapidare i soldi dei cittadini per abbuffarsi di ostriche; c’è differenza fra  non dichiarare al fisco l’introito per l’affitto di un monolocale, e promulgare leggi a proprio uso e consumo; c’è differenza fra non mettere in regola la badante della mamma,  e trasferire la propria azienda all’estero per risparmiare sul costo della mano  d’opera e gettare così sul lastrico intere famiglie. C’è differenza fra buttare una cartaccia per strada, e inquinare acque e terreni e causare gravi patologie ad abitanti e lavoratori  con industrie che non rispettano l’ambiente. C’è differenza fra non pagare il biglietto dell’autobus, e trasferire capitale monetario all’estero. C’è differenza fra non rispettare la fila davanti a uno sportello e sgomitare per passare davanti a tutti, e mettere i propri famigliari, avvalendosi  della propria carica istituzionale, in posti strategici e ben retribuiti.  Una differenza  che si basa soprattutto sulla entità dei danni prodotti dal comportamento non virtuoso  di chi il potere l’esercita, sia esso economico, politico, amministrativo. Ma la radice di tali comportamenti è poi tanto diversa?  Non è una uguale mancanza di etica, di onestà, di rigore morale, di rispetto?
In molti di noi, io credo, si annida un piccolo Fiorito (giusto per citare l’ultimo ma non ultimo protagonista dell’ultimo ma non ultimo scandalo). E scrivo noi, perché, sì,  mi vien da pensare che una tendenza alla furbizia, all’approfittarsi di certe situazioni per ottenere vantaggi personali, sia nel nostro DNA. Poi, per fortuna, non tutti la  seguono, questa tendenza.  Ma non basta il comportamento di pochi ad assolvere un’intera Nazione. E intanto tutti quanti, onesti (relativamente pochi) e disonesti (molti), continuiamo ad affondare nelle sabbie mobili.  Perché, se si va avanti così, non si salverà nessuno.
Perché, anche se NOI (mi permetto di fare una rettifica allo splendido testo di D’Andrè) ci crediamo assolti,  siamo per sempre coinvolti.

La canzone del maggio

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18 risposte a Definizioni (di) e considerazioni (su) un paese che affonda

  1. Mirella ha detto:

    Ne parlavamo ieri sera e sai che sono molto parzialmente d’accordo. Sai che penso come i comportamenti scorretti del cittadino qualunque siano spessissimo dovuti alla necessità di difendersi dai provvedimenti ingiusti di uno stato che esercita il rigore soltanto verso i soliti noti, lavoratori, pensionati, cittadini sempre più privi di potere e di difesa. Certo, i furbetti sono ovunque, non sono perogativa di un solo ceto sociale.
    E poi, permettimi, sono sicura che in me non si annida nessun Fiorito, né piccolo né grande, e che nessuno della mia famiglia di poveracci da sempre, ha sicuramente mai avuto alcun elemento del DNA in comune con questo squallidissimo figuro.
    Amicissime come sempre, spero. Un bacione.
    Mirella

  2. mirella ha detto:

    Ho risposto, così, d’ impulso. Meglio sarebbe stato un argomentare più colto e articolato sulla caduta dei valori nella società odierna. Aspettiamo i commenti di Luca o di Franz, che son bravi.
    Non volermene, eh!

    • Milvia ha detto:

      Beh, cara Mirellina, forse mi son lasciata prendere la mano da tanti atteggiamenti e situazioni che vedo intorno a me: sugli autobus, per la strada, ascoltando discorsi qua e là, sentendo storie, piccole storie di piccola disonestà. Oggi pomeriggio, per esempio, sono scesa al bar per un caffé. Volevo anche dare un’occhiata ai giornali che sono a disposizione dei clienti. A disposizione per la lettura, naturalmente, non per portarseli a casa. Ma di giornali non c’era più traccia, e la stessa cosa è avvenuta ieri. Il barista mi ha detto che nella confusione dell’ora di punta, i clienti se li portano via. Sono d’accordo: è una sciocchezza, questa, rispetto ai ladrocini commessi nelle alte sfere. Ma non è certo un comportamento onesto neppure questo. Potrei fare tanti tanti altri esempi di questi ordinari atti di furbizia, più o meno gravi, commessi da gente comune come me, come te. Sono comunque sicura, sicurissima che tu non appartieni alla categoria dei furbi, Mirella, perché ti conosco bene.
      La tua affermazione che “i comportamenti scorretti del cittadino qualunque siano spessissimo dovuti alla necessità di difendersi dai provvedimenti ingiusti di uno stato che esercita il rigore soltanto verso i soliti noti, lavoratori, pensionati, cittadini sempre più privi di potere e di difesa” può trovare giustificazione quando c’è un vero stato di necessità: per esempio, i furti di alimentari da parte di pensionati nei supermercati sono frequenti, in questo ultimo periodo, e non mi sento certo di condannare il loro gesto dettato dalla disperazione e che probabilmente causa loro una grande umiliazione. Mi fanno molta pena, invece. Ma quello che non riesco a digerire è un paese che vive sulle raccomandazioni, sui piccoli inciuci, sui piccoli atti di prepotenza, sulla mancanza di rispetto verso il prossimo, la natura, le cose pubbliche. Forse ho sbagliato a parlare di DNA, ma, da quello che si legge e si sente, sembra che in altri paesi i vizi che ho citato siano meno… endemici. Non so se e cosa commenteranno Luca e Franz, che tu hai citato. Probabilmente non la penseranno come me, e saranno più vicini al tuo, di pensiero. Ma l’importante è che nessuno si senta offeso. E che l’amicizia continui, anzi, si rafforzi: che c’è bisogno di affetto, ora più che mai.

    • lucarinaldoni ha detto:

      Evocato medianicamente, mentre vedo che Franz non si lascia sedurre e gira alla larga, tenterò di dire la mia con la consapevolezza dell’immensità dell’argomento.

      Mettiamola così: fra un quarto d’ora devo andare, quello che riesco a scrivere in un quarto d’ora a ruota libera fungerà da campione rappresentativo del ponderoso saggio di un migliaio di pagine che sarebbe il minimo per cercare di definire lo stato dell’opera dello Stivale. “Cosa pretendi da un paese che ha la forma di una scarpa?” cantava sconsolato il sulfureo Freak Antoni già una quindicina di anni fa. Un anno e mezzo fa abbiamo festeggiato con sincero entusiasmo i 150 anni dell’Unità, come si festeggiano gli anniversari di matrimonio. Si sa, in quelle occasioni le cose belle fanno da figura e quelle grame fanno da sfondo. Il giorno dopo torna tutto normale e sono le cose grame a tornare in rilievo.

      Lasciatemi fare una battuta un po’ alla Pippo Franco. Ormai l’unico rigore che gli Italiani hanno in mente è quello non dato alla propria squadra o dato ingiustamente alla trib…. oops, alla squadra rivale.

      Perchè, attraverso le parole di mio padre e mia madre, eccezionali raccontatori dei meravigliosi anni della loro seconda giovinezza una volta liberi dal fascio littorio che aveva caratterizzato la prima, mi sembra di aver vissuto di persona un’epoca in cui il rigore, l’impegno, lo spirito di sacrificio, e direi perfino una sana italianità, non ce li dovevano prescrivere dei politici che magari non davano neppure il buon esempio, tutte quelle cose erano (o sembravano essere) nel DNA degli Italiani e, insieme ai benevoli aiuti americani che sono stati utili ma non il fattore prioritario, ci ha portati in 15 anni da una situazione da Terzo Mondo al boom economico (e tuttora ci ritagliamo un posto nel g-8 anche se sgomitando un attimino).

      Quell’etica, quella morale, quel buon senso contadino non ci sono più.

      Noi discendiamo piuttosto dai plastificati e illusori anni ’80 che ci hanno fatto cullare nell’illusione di un benessere permanente e, come dire, quasi “di default”.

      Non era così, non poteva essere così e ce ne stiamo accorgendo.

      A differenza tua, io vedo la gente comune molto migliore di quelli che detengono il potere. Se solo fossero meno distratti quando vanno a votare, e più consapevoli che la politica non comincia e non finisce mettendo un segno sul tuo segno (come son giuste le elezioni).

      Il quarto d’ora è scaduto, devo andare ma forse ritornerò con un commento più ponderato e meno sincero. Oppure no.

      • Milvia ha detto:

        Come vedi, Luca, il nostro carissimo amico Fraz, non ha, alla fine, girato alla larga…
        La tua risposta (e in un quarto d’ora ne hai dette di cose: lo dico sempre che ” tu sei un essere speciale”, come canta Battiato) mi trova d’accordo in alcuni punti, cioè in quei punti che stigmatizzano un Italia come io la vedo, anche se lo fai attraverso le parole di un “non solo cantante” e di un comico. E forse sono con te quando descrivi l’Italia di cinquant’anni fa, senza dubbio (?) un’ Italia più onesta, per lo meno per quanto riguarda la popolazione. Anche se penso che proprio dal cosiddetto boom economico sia poi derivata la piaga del consumismo, dell’urbanizzazione selvaggia e altre simili delizie. Ma questo è un altro discorso.
        Per quanto riguarda il centocinquantenario…devo essere sincera? Non vedevo l’ora che si arrivasse al 2012, perché non ne potevo più di tutta quella retorica e quella esaltazione per una cosa che, di fatto, non so mica se è avvenuta davvero. Senza contare che tutta la faccenda dei festeggiamenti ci deve essere costata un bel po’ di eurini.
        Sui plastificati anni ’80, O.K.: me li ricordo proprio bene, e, in parte, chissà, forse ne sono stata contagiata anch’io.
        Sul fatto che la gente comune sia migliore dei governanti… ho già risposto in maniera articolata a Mirella e brevemente a te, al telefono. Senza dubbio scrivendo il mio post ho enfatizzato il mio pensiero, so bene che gente onesta ce n’è, ma in generale rimango dell’idea che siamo un popolo che non considera il rigore morale come un pilastro fondamentale del vivere. Che certi comportamenti siano dovuti a superficialità, opportunismo, ignoranza, o … codice genetico, il risultato non cambia.
        Grazie per questo ricco quarto d’ora che mi hai dedicato, Luca.

  3. rita ha detto:

    sono d’accordo.
    guai a puntare il dito.
    l’italiano medio è proprio questo: ladro, mafioso, arraffone, profittatore, è quello ad esempio che fa il doppio lavoro rigorosamente in nero e non sempre spinto da bisogno (e vale anche per certi pensionati, uomini soprattutto), o che inventa stratagemmi vari, residenze fittizie per pagare la retta del nido più bassa, che chiede e ottiene favori, esami ospedalieri anche costosissimi gratis grazie alle solite amicizie o parentele, spintarelle, ecc.
    ed è anche un arrogante maleducato irrispettoso delle regole, molte volte razzista.
    l’autoassoluzione è veramente una cosa ridicola se ci si pensa e personalmente non credo assolutamente che, in generale, la classe dirigente sia peggiore del popolo che dirige ..

    • Milvia ha detto:

      Prima di tutto benvenuta, Rita, nei miei Rossi Orizzonti. Direi che, se possibile, il quadro che tu fai è ancora più pessimista del mio.
      Fra l’altro alcuni degli esempi di…mal vivere che tu fai li ho toccati personalmente, non come soggetto, ma come testimone.
      L’unica cosa che mi sento di aggiungere è che la classe dirigente dovrebbe avere anche il compito di dare l’esempio… E per loro, soprattutto, non ci può essere alcuna assoluzione.

  4. Franz ha detto:

    Trovo finalmente un po’ di tempo per dire la mia, senza sottrarmi alla garbata chiamata della cara Mirella, ripresa poi anche da te, cara Milvia.
    Il mio pensiero è razionalmente di una semplicità che rasenta la banalità, ma tant’è: credo che ogni generalizzazione sia errata, per il fatto che enfatizza come regola alcuni aspetti di una realtà, magari anche particolarmente evidenti, tacendone altri, diversi, contrastanti, ma altrettanto caratteristici della stessa.
    Come fa Giorgio Gaber in “Io non mi sento italiano”, potrei citare il Rinascimento, e poi, andando a spasso per la storia, anche i liberi comuni, anche l’esemplare amministrazione della Repubblica di Venezia, e poi, naturalmente, i giovani eroi della Resistenza, e tutto il patrimonio unico di arte e creatività che ha sempre contraddistinto la nostra popolazione (giusto per non usare anch’io il termine DNA).
    Quindi il bicchiere non è completamente vuoto, o, peggio, pieno di quei liquidi fetidi che quotidianamente ci tocca annusare; penso che possiamo ancora sperare nella parte migliore degli italiani, quella che, giusto per fare un esempio recente e forse già un po’ abusato, ha portato alla vittoria nei referendum dell’anno scorso.

    Un salutone e un abbraccio a tutte/i.

    • Milvia ha detto:

      Impossibile, caro Franz, che il tuo pensiero rasenti la banalità: la banalità….. non è nel tuo DNA (giusto per restare in tema). Al contrario i tuoi commenti (e gli articoli del tuo blog) hanno sempre connotazioni positive, pur denunciando, nei post che si occupano di ciò che accade intorno a noi, tutte le nefandezze che ci opprimono. L’esempio del referendum mi ha… toccato. Mi ha fatto riflettere, voglio dire. Forse il mio post gronda troppo veleno. Mah… Ho le idee più confuse. Forse.
      Ricambio l’abbraccio. Buonissima settimana, Franz!

  5. rita ha detto:

    Franz,
    scusami (o mi scusi, non so come si usi qua) ma non vedo il nesso tra chi ha votato in un certo modo nei referendum dell’anno scorso – che ha a che vedere solo con la libertà di pensiero – con i vizi cronici dell’italiano medio che anch’io ho elencato e che, più o meno, ci riguardano un po’ tutti.

    • Milvia ha detto:

      Scusa, Rita, mi permetto di intervenire nella tua risposta al commento di Franz: penso che la partecipazione così numerosa al referendum non sia stata sola una mera espressione della libertà di pensiero, ma la dimostrazione, in quel caso, di consapevolezza e presa di coscienza verso problemi che ci riguardavano tutti. Comunque, sono certa che se Franz ti leggerà saprà rispondere molto meglio di me.
      Con questo non rinnego quello che ho scritto in precedenza, ma devo ammettere che il commento di Franz ha stemperato un po’ il mio veleno. Come spesso capita.
      Ciao e buona settimana!

      • rita ha detto:

        ok, volevo solo sottolineare che votare in un modo o in un altro non c’entra con i vizi italici.
        poi è vero, la classe dirigente dovrebbe dare l’esempio; attenzione però che anche questa diventi una scusa per quell’italiano medio che, oltretutto, ha superato in molti casi da un pezzo l’età adulta e dunque non deve o non dovrebbe procedere sulla base del buon esempio.

    • Franz ha detto:

      Vorrei specificare ulteriormente la già esauriente risposta di Milvia.
      I referendum in genere, e in particolare quelli dell’anno scorso, hanno caratteristiche molto diverse da una normale consultazione elettorale.
      In questo caso non era in discussione la vittoria dei “Sì”, ma portare al voto la maggioranza degli elettori, impresa assolutamente improba quando si va contro gli interessi della oligarchia dominante e dei servi della gleba dell’informazione.
      E’ per questo che il successo dell’iniziativa è stato un autentico atto rivoluzionario, e di grande coscienza civile, che ha riscattato da solo molti di quei vizi che conosciamo.

      • rita ha detto:

        non voglio essere pesante e la finisco qui, ma non concordo, su questo preciso punto proprio no.
        Anzi, mi sembra un sentimentalismo, un’illusione.
        Sono questioni totalmente slegate; basti peraltro pensare a quanti referendum sono falliti: nei decenni scorsi (art. 18, procreazione medicalmente assistita): è evidente che chi li ha fatti fallire non automaticamente è una persona disprezzabile nè rientra di sicuro nella categoria dell’italiano medio che abbiamo detto.
        saluti a tutti.

  6. Milvia ha detto:

    Non mi sembra di aver altro da aggiungere. Tanto ognuno di noi rimarrebbe fermo sulle proprie opinioni. Ed è giusto così.
    Quindi buon ottobre a Rita, a Franz, a Mirella e a Luca. Ciaooo!

  7. lucarinaldoni ha detto:

    Siamo sempre a giocarcela fra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà, anche se quando per un attimo gli Italiani sembrano rinsaviti (referendum, vittorie di Pisapia, De Magistris, Pizzarotti) si è per un attimo illuminati dall’ottimismo della ragione e si pensa “Cxxxo, ce la possiamo fare!” (Anche se mi viene in mente una scena di uno storico film di Antonio Albanese in cui il padre malato rantola ‘Ce la posso fare’ e muore un secondo dopo).

    Della propria nazione e della propria città di solito si è innamorati nel migliore dei casi, assuefatti in tutti gli altri: ma nell’una e nell’altra condizione, non valgono considerazioni critico-razionali ma piuttosto una rete di affetti che porta alla romantica conclusione “Siamo messi davvero male ma siamo anche meglio di quello che sembriamo”.

    Vivere in una città che ha sanamente e coraggiosamente voltato pagina e ora si misura con l’ignoto (e con i perversi meccanismi omeostatici deputati a divorare il cambiamento, oltre che con un pauroso quasi incredibile deficit di bilancio i cui colpevoli guardano la nuova amministrazione sghignazzando compiaciuti nel vedere che non risolvono il problema in due secondi) porta ad un ottimismo della ragione, non solo della volontà, che si riflette come per magia sul macrocontesto nazionale e, perché no, anche sugli stenti e i dolori del microcontesto personale che ultimamente mi mettono severamente alla prova.

    Luca, Parma, l’Italia, ce la possono, ce la devono e ce la vogliono fare. Tutti e tre, imparando a smetterla di vivere alla giornata ed investendo i loro ingenti indubbi talenti in un rigoroso coerente piano di rinascita.

    Credo di aver espresso coerentemente il mio pensiero.

    • Milvia ha detto:

      “Luca, Parma, l’Italia, ce la possono, ce la devono e ce la vogliono fare. Tutti e tre, imparando a smetterla di vivere alla giornata ed investendo i loro ingenti indubbi talenti in un rigoroso coerente piano di rinascita.”
      Ecco, questa affermazione vale più di tutto il commento, e anche dell’intero mio post.
      Luca ce la farà senz’altro, Parma è molto possibile che ce la faccia, l’italia… ma sì, speriamo anche l’Italia. E noi tutti, belli e brutti, buoni e cattivi, speriamo di rinascere. Migliori di come siamo ora, possibilmente.
      Grazie, Luca

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