Mi specchio nell’acqua che riempie il catino.
Il catino è appoggiato sul davanzale della finestra che si affaccia sul bosco.
Il bosco ha variegate sfumature di colore, che vanno dal verde cupo al verde tenerissimo delle foglie neonate. I raggi del sole creano ombre danzanti fra il fogliame, ombre gentili, amiche.
Il fiume ha le acque limpide, e il loro canto accompagna armoniosamente i miei giorni. La riva è una distesa di pietruzze che sembrano piccoli cristalli, composte dallo stesso minerale che ricopre i pavimenti della mia casa.
La casa dove ho deciso di trascorrere gli ultimi anni della mia vita.
Qui non arriva il fetore di anime in decomposizione, né giungono i clamori di un mondo alla deriva. Qui, solo l’odore delicato della resina che stilla dai tronchi degli alberi, e quello intenso del sottobosco. Qui, insieme alla musica del fiume, solo il canto modulato degli uccelli, e il sillabare monotono degli insetti, e la pioggia che strimpella fra le foglie, e quel vibrare sottile, come un alito di neonato, che esce dai fiori quando si schiudono a primavera, e le note d’organo che mi arrivano dalla caverna.
La caverna l’ho scoperta per caso, quel giorno che mi sono arrampicata sulla montagna. Mi ha attirato al suo interno un suono di organo, ma era solo il vento che si infilava in piccole aperture che ne costellano la volta e che interpretava solo per me un concerto sublime.
Mi specchio nell’acqua che riempie il catino. L’immagine è ferma, non è segnata dalle cicatrici del tempo, la mia bocca sorride, gli occhi esprimono la serenità di cui per anni ho cercato la chiave.
E, finalmente, io sono.
Musica serena, per una domenica lucente.
accipicchia!! bello! accordato con le mie armonie mentali; Thoreau lo avrebbe condiviso!
Grazie!
Ah ah, ormai sono così condizionata dai Social network, che, leggendo “Thoreau lo avrebbe condiviso” mi sono immaginata il filosofo condividere il mio post sulla sua bacheca di Facebook… 🙂
ahahahahah questa è carina, deviazioni di questi tempi! 🙂
Concordo con Maria, Thoreau a parte. Quel magico luogo incantato sembra la meta, mai raggiunta, di un mio sogno ricorrente dove vago alla ricerca della mia casa, ma sbaglio strada, treno, torpedone, ascensore e… mi trovo in luoghi che non conosco e a casa mia non ci arrivo mai, mai.
Un abbraccione.
Mirella
Ricordo che me ne hai parlato, del tuo sogno ricorrente… Forse, anche se molto nascosto, in un angolino della tua anima si nasconde un esserino vagabondo, che a casa non ci vuol tornare… 🙂
Una coinvolgente e avvolgente prosa poetica, mentre leggo cerco di affacciarmi con discrezione su queste tue “intimissime” sensazioni. Bello che tu le condivida con noi che ti leggiamo.
Buona “serenità”, Milvia! Ciao.
Piera
Grazie per l’augurio, Piera cara! Serenità buona e luminosa anche a te.
Clamori nel mondo moribondo, cantava Battiato con profetica anticipazione nel lontano 1982 quando in realtà i patinati e plastificati anni ’80 distribuivano ancora illusioni e speranze. Sul “fetore” si sarebbe espresso nella sua celeberrima “Povera Italia” e nella recente accorata “Inneres Auge” (dove le cene di Arcore vengono accostate alle sonate di Corelli e ovviamente non c’è partita), fino a giocarsi il posto di assessore della Regione Sicilia per delle istintive irrefrenabili politicamente non corrette considerazioni sul sistema prostitutorio che attraversa la politica italiana.
Lo dicevo già due post fa, la natura distribuisce a piene mani bellezza e l’uomo, lasciamelo dire senza parafrasare, ci defeca sopra.
Buona vita.
Gli anni ’80… L’inizio della fine. E se ripenso a come ero, in quegli anni, forse dovrei fare anch’io il mio “mea culpa”. Non pensavo troppo, in quegli anni. Mi lasciavo trascinare dalla finzione di un sogno, che, a rifletterci sopra ora, neppure mi piaceva. Forse per questo, ora, faccio sogni diversi: una sorta di purificazione.
Spero che tu stia bene, Luca.