Ieri sì
Ieri sì, da giovane,
Il gusto della vita, io lo bruciavo in me
Oh, ieri sì, quand’ero giovane
Perché la fiamma trema un po’,
Ma non si spegne mai…
Vivevo tutti i giorni che il cuore suggeriva
Avevo dei castelli che ora non ho più,
La notte poi cercavo il sole intorno a me
E non vedevo il tempo consumarsi con me…
Ieri sì, da giovane,
Cantavo le canzoni, più facili per me
E nelle mie mani io credevo che
Ci fosse già il filo dell’eternità.
Io non chiedevo mai, agli altri intorno a me
Qual e’ la verità, la vita che cos’è
Credevo nelle cose che dicevo io
Pensavo solo a me e a tutto il resto no…
Ieri sì, da giovane,
La luce di ogni giorno portava una pazzia
La forza dell’età riempiva i giorni miei
E non vedevo mai il vuoto che c’è in lei…
I giochi dell’amore, io li ho giocati tutti
Ho fatto dell’orgoglio la prima mia virtù,
Gli amici sono andati, non torneranno più,
La mia commedia ormai da solo finirò.
Ho ancora una canzone ma non la canterò
Il gusto della vita non lo ritroverò
È il tempo di pagare gli errori miei di ieri
Da giovane…
(C.Aznavour – G. Garvarentz – Mogol – Testa – 1970. Titolo originale: Hier ancore)
Dentro ogni persona di mezza età c’è un(‘) adolescente condannato/a all’ergastolo che ogni tanto tenta la fuga, come il protagonista di “Le ali della libertà” che per scappare fa passare vent’anni di pazienti e certosini scavi e poi non esita a concludere l’evasione con 500 metri di strisciate nel liquame purulento e maleodorante, ma poi lo attendono le spiagge messicane e le onde cristalline del Pacifico. Di scorcio si intravedono tutte le 100.000 isole di David Crosby.
All’adolescente immusonito/a e impotente che alberga dentro tali persone, la fuga è consentita ad libitum, ma forse è solo una licenza premio perché poi le sbarre tornano a chiudersi intorno a lui/lei.
Ma oltre ad aver visto “Le ali della libertà” quel/la ragazzo/a ha letto “Il vagabondo delle stelle” e allora c’è poco da costringerlo e segregarlo, sarà per sempre giovane.
Capita, però, che l’adolescente all’improvviso (o piano piano) muoia, ucciso dalle illusioni che si trasformano in delusioni, dalla consapevolezza che tutto è già avvenuto, e che i sogni son tutti ridicole immagini di un futuro che non potrà mai essere vissuto. E allora la gabbia diventa una sorta di rifugio, una sterile anticamera della soluzione finale.
Parole sacre, Milvia.
Grazie per il commento, Anonimo… Mi piacerebbe sapere chi sei…
Notte serena…