Titoli di coda ancora indecifrabili: scorreranno parole di pace o sarà l’oscena guerra, a scrivere parole di sangue?
Titoli di coda di uno scenario che vede la natura sempre più violata dalla follia dell’uomo, che la distrugge e si autodistrugge: ma forse se non cambiano rotta, non ci saranno titoli di coda, ma solo, inesorabile, la parola FINE.
Titoli di coda di valori che non sono più considerati tali, come onestà, uguaglianza, solidarietà, e di parole come speranza e cambiamento e futuro.
Titoli di coda di vite di donne uccise in quanto donne da maschi che non sono uomini;
Titoli di coda di altre storie di cui vorrebbero (loro, quelli che manovrano i fili della Storia) cancellare il ricordo.
E quanti altri titoli di coda stanno scorrendo, in questo momento, sullo schermo del mondo? Tanti, troppi, che a elencarli ci vorrebbero giorni.
Solo un titolo di coda mi lascerebbe soddisfatta: quello del destino politico (per lo meno quello…) di un essere indegno di essere nominato. Ma non sono certa che di questa vicenda assurda e nauseante scorreranno i titoli di coda, purtroppo.
Poi ci sono titoli di coda strettamente personali: titoli di coda di un’estate per me sempre troppo breve; titoli di coda di una vita che ha accumulato già tanti di quegli anni che stento a crederci, che siano davvero tanti (eh, i compleanni suscitano riflessioni non sempre felici); titoli di coda di cose in cui ho smesso di credere.
E quelli meno tragici, come nella fotografia (bruttina, eh?) che apre il post, e che sono i titoli di coda del penultimo film proiettato all’Arena Puccini. E questa è la fotografia che ho scattato l’ultima sera, bruttissima foto, ma che sembra rappresentare il mio stato d’animo, che era, l’altra sera, abbastanza triste nel dare un arrivederci al prossimo anno a un posto che amo e che per me rappresenta l’estate. Poi, mi vien da pensare, ci sarò ancora, il prossimo anno? Eh, sono un po’ stupidina, ma ogni volta la penso questa cosa qui. Qualcuno si ricorda il film “Ha ballato una sola estate”? Ecco, può essere che io, al contrario, abbia già ballato davvero troppe estati… Chi può dirlo?…
Beh, di certo, la prossima estate, e anche prima, sarò una persona diversa: accadrà qualcosa, nella mia vita privata, che contribuirà a sconvolgere piacevolmente la mia esistenza. Ma ne parlerò, se ne parlerò, a tempo debito.
Per il momento e per i prossimi giorni, sono impegnata a: terminare questo post;
preparare la valigia, perché fra poche ore parto per la Sardegna, per l’ormai consueto appuntamento con il Festival di Seneghe;
terminare ( Alla buon ora, Jeeves! direbbe P.G. Wodehouse…) il mio romanzo entro la fine di settembre (ma non sarà questa cosa a sconvolgere la mia vita).
E sarò impegnata ad accettare che un’altra estate se ne è andata e a sforzarmi di apprezzare i regali che anche l’autunno ci può fare, come i colori caldi e struggenti delle foglie, la luce di oro pallido di certe mattine, le caldarroste, e … quant’altro, come si usa dire da un po’ di tempo a questa parte, espressione che io detesto e se l’ho scritta è proprio per poi poter dire che la detesto 🙂
Da malinconico e pure un po’ cupo, questo post è diventato quasi scherzoso, mi sto accorgendo.
Però non c’è molto su cui scherzare.
E ve lo dice anche il mio terrazzino, che da sempre, e particolarmente in questi giorni, continua imperterrito a lanciare il suo appello alla pace.
E io con lui.
Comunque, buon settembre a tutti… E speriamo che il mondo, e tutti noi, ce la caviamo.
Tutto passa e tutto scorre. Non ci si può tuffare due volte nello stesso fiume. Può esistere (o quanto meno si può concettualizzare) l’infinito ma l’eterno sfugge alla comprensione umana. La nostra vita è fatta, potremmo dire intessuta e imbevuta, di cose che si concludono e decadono.
Per chi si rifugia in una fede metafisica e inverificabile (nè alcuno intende fargliene una colpa) esiste un Eterno sovrumano e intangibile. E, di conseguenza, le misere meschine vicende terrestri sarebbero solo “l’ombra della luce”, le confuse ombre che si proiettano all’interno della caverna secondo il mito platonico (mentre la realtà eterna e infinita è drammaticamente altrove). A volte verrebbe quasi voglia. Ma poi si resiste.
Il tuo post flirta e civetta con quel senso di logorìo e di decadenza di cui la nostra epoca gronda e traspira con effetti letali sulla popolazione terrestre in massima parte innocente & impotente.
Quanti titoli di coda ha già mandato in onda questo agghiacciante primissimo scorcio di Terzo Millennio? Quanti altri ne manderà? Il senso di precarietà e di conclusione ci accompagna, ci segue ci precede ci circonda, veglia e vigila sulle nostre esauste giornate.
Non so se ho espresso il concetto che chiedeva di uscire, o se il concetto è rimasto inespresso e al suo posto è uscito fuori uno scomposto fantoccio suo misero surrogato. Ma non ha una grande importanza.
E allora buon settembre, buon festival e buon tutto 🙂
Grazie, Annalisa! Buon autunno!
Ciao Milvia, gli anni volano, ma è bello pensare che ogni giorno donatoci abbiamo la possibilità di contribuire anche noi a migliorare o denunciare ciò che ci sembra vada contro l’Umanità.
Contro le guerre io ho lanciato una petizione anche su facebook – è solo un piccolo segno, l’unico che è nelle mie possibilità – e i miei amici più cari nonchè persone che stimo molto hanno firmato, Ma sono pochi (ma buoni!) e, pur rispettando al massimo i comportamenti di ognuno, francamente non capisco quale paura si possa avere a porre una semplice firma contro i delitti legalizzati che portano con sè le guerre.
Buona continuazione di vita e di scrittura, un caro saluto
Giovanna Giordani
(giovigiordy.blogspot.it)
Cara Giovanna, come già sai ho aderito al tuo appello. Mi complimento con te per averlo lanciato… Serviranno, le nostre firme, per fermare questa e tutte le altre follie di questo povero mondo? Anch’io non capisco la paura di mettere una firma: forse è dovuta a stanchezza e disillusione.
Un abbraccio e auguri di buona vita anche a te.
I tuoi commenti non sono mai scomposti fantocci, Luca. Sono sprazzi di luce che non necessitano di risposte. Se non un grazie, perché inducono a riflettere.