Ovvero, quando le letture del primo mese dell’anno sono buone e, alcune, buonissime, ti fanno ben sperare che altre pagine riempiano deliziosamente i restanti undici mesi.
Ho avuto una bella pensata (eh eh, devo dire che ogni tanto mi capita): siccome la mia memoria, ogni giorno, sembra perdere colpi, ho deciso di tenere un elenco dei libri che leggo. E perché, poi, mi son detta, non fare mensilmente di questo elenco un post?
Una premessa: da tempo ho deciso, per vari motivi, di non scrivere più recensioni: il motivo principale è che la paura di scrivere banalità è in me sempre più presente, poi ce ne sono altri, su cui sarebbe noioso soffermarsi.
Mi limiterò, così, a condividere recensioni trovate in rete e a trascrivere gli incipit dei libri che mi faranno compagnia durante il quattordicesimo anno del terzo millennio.
Cominciamo, dunque dal mese di gennaio: sono libri completamente diversi l’uno dall’altro, come genere e stile, perché a me piace affacciarmi a finestre da cui contemplare panorami i più differenti possibili. E i panorami che ho visto in questo primo mese mi sono piaciuti, anche per la loro diversità. Intanto mi preparo a leggere altri libri, che sono in attesa sul mio comodino, come quelli, per esempio, delle care amiche Cristina Bove, Savina Dolores Massa e di Valerio Varesi.
Pupa di Loredana Lipperini (introduzione di Lidia Ravera, illustrazioni di Paolo Altan) – Rrose Sélavy 2013):
Pupa. Leggo il nome e quasi mi cade il visore dalle mani. Pupa. Lo pronuncio sottovoce: le due sillabe si confondono con il verso dei colombi in cerca di briciole fra la ghiaia del parco. Pupa. Non riesco a crederci: come può una vecchia chiamarsi così? Pupa è un nome adatto per una bambina con un cappellino color ciliegia, come quello che avevo da piccola. Oppure per una ragazza molto bella come Viola, che è seduta a gambe incrociate sulla panchina di fronte e si arrotola i capelli su un dito.
Si sente? di Paolo Nori – Marcos Y Marcos 2014
Si sente? Si sente se parlo così? Anche là in fondo? Bene.
Io tutte le volte che devo dire qualcosa, anche che devo leggere, in pubblico, comincio sempre così, dico: Si sente?
Per rompere il ghiaccio.
Non è che mi interessi tanto, sapere se si sente, cioè, mi interessa, se non si sentisse sarebbe inutile che parlassi per cinquanta minuti, ma quello che mi interessa di più, è rompere il ghiaccio. Per me, in queste occasioni dire: Si sente? equivale in un certo senso a prendere uno e dirgli Ascolta, hai cinquanta minuti che ti devo dire una cosa?
Buio di Maurizio de Giovanni – Einaudi Stile Libero 2013
Batman.
Baaatmaaan.
Il sussurro nel buio, nell’odore di umido, in mezzo alla polvere.
Batman.
Un fruscio del mantello, che fende l’aria davanti al viso di Dodo.
Batman.
Non lo vede, Dodo, perché è buio. Buio più della notte, più del ripostiglio che ha nella sua stanzetta, quello la cui porta non si chiude bene e spesso si apre da sola, cigolando.
Nel nome di Marco di Michele Marziani– Ediciclo 2013
Sono lì quel giorno. Al traguardo. In attesa. Ci sono andato apposta. Mi ci sono fatto mandare. Non ho mai visto Marco Pantani correre al Giro. Anche quel giorno lo vedo solo per una frazione di secondo. Quello in cui taglia il traguardo a schiena curva, con le mani a stringere il manubrio e la fatica dipinta sul volto. La faccia quasi incredula, insicura, di chi non comprende bene di aver vinto, di chi non è certo fino in fondo di averli sorpassati tutti.
Oltre la siepe Alla ricerca di Harper Lee di Silvia Giagnoni – edizioni dell’asino 2013
Abbandono la 1-65 e m’immetto sulla statale 84 verso Monroeville. Infiniti prati punteggiati da mucche al pascolo e rare case recintate dalla caratteristica staccionata si alternano a foreste di pini, querce e boscaglia varia. La strada si srotola come dossi di cammello e ho la sensazione di trovarmi in un mondo a parte. Di fatto, un po’ ovunque in Alabama, basta uscire dai radi centri urbani per entrare in una dimensione altra, non solo fisica, ma anche temporale.
Una morte in famiglia di James Agee (traduzione di Lucia P. Rodocanachi) – E/O 2003
Knoxville, estate 1915
Parliamo ora delle serate estive a Knoxville, Tennessee, ai tempo in cui vivevo là, così ben camuffato da bambino di fronte a me stesso. Era quello un isolato dove abitava una classe socialmente un po’ mista, con un solido nucleo di piccola borghesia, ma non tutta dello stesso gradino della scala sociale.
Sei tornato, papà? di Mary Higgins Clark (traduzione di Marina Deppisch) – Sperling & Kupfer 2013
Giovedì, 14 novembre
Alle quattro del mattino Gus Schmidt si vestiva silenzioso nella camera da letto della sua modesta abitazione a Long Island sperando di non disturbare la donna con cui era sposato da cinquantacinque anni. Non gli andò bene.
Termino con un canto, citato da Paolo Nori in Si sente?
Fausto Amodei Per i morti di Reggio Emilia
Ciao! Due righe per farti i miei personalissimi complimenti per le letture del mese e per ringraziarti del link alla mia recensione di Buio. Le foto “super-personali-e-pure-belle” dei libri letti mi piacciono moltissimo, in futuro potrei provare a cimentarmi pure io! 😉
Ancora grazie, davvero
Alfonso
Grazie a te, Alfonso, per la tua visita e il tuo commento. Non me lo aspettavo proprio!
Sono contenta che le foto ti piacciano.
Buona giornata!