Come ho fatto altre volte il mio post di oggi si basa sui vostri commenti al post precedente e sulle mie risposte. E grazie a tutti per aver partecipato!
Cristina Bove:
ti chiedi tante volte se è giusto. io capisco che si possa volere a tutti i costi realizzare un sogno, e se questo è possibile, tanto meglio.
concordo sulle figure genitoriali e parentali, ma credo anche che un figlio di venti anni potrebbe aver appreso da quella madre attempata tante più cose e tante più lezioni di vita che se avesse avuto genitori giovani.
e credo anche che i tempi che stiamo vivendo stiano cambiando i canoni della convivenza sotto i nostri occhi, e questa è un’altra delle cose di cui tener conto.
oggi vedo tante sessantenni che, dopo essersi preso cura di figli e nipoti, arrivate alla pensione, quando potrebbero finalmente godersi un pò di tranquillità e dedicarsi a sé stesse, hanno da accudire genitori ultraottantenni, novantenni, ecc….
Forse a qualcuna di queste donne sarebbe più lieve crescere un figlio, che se poi dovrà prendersi cura della madre imparerà due cose: a non essere scapestrato come tanti giovani irresponsabili di oggi, e ad avere la pietas, oltre che l’amore egoistico dei figli.
molti bambini nascono indesiderati, molti casualmente.
invece un figlio così desiderato e voluto, sarà sicuramente amato.
questa la mia opinione.
Cara Cri, credo che sia la prima volta che non ci troviamo d’accordo. E’ vero che bisogna cercare di realizzare i propri sogni, ma bisogna anche tener conto di chi, in questa realizzazione, verrà coinvolto. E poi, sai, sarò particolarmente cinica, ma non credo poi tanto alla … saggezza dei vecchi, e alle lezioni di vita che questi possono dare. Io, tutto sommato, non potrei insegnare a un nuovo figlio molto di più di quello che insegnai ad Alex trenta e più anni fa, anzi, oggi avrei molto meno ottimismo ed entusiasmo. Certo, è più lieve, dal punto di vista psicologico ed emozionale prendersi cura di un bambino, piuttosto che di genitori anziani. Ma se a 60 anni possiamo sopportare, anche se dolorosamente, di vedere il disfacimento che il passare degli anni ha causato a nostra madre e a nostro padre, credo che per un ragazzo giovane possa divenire intollerabile.
Ma, nonostante il disaccordo, ti voglio bene ugualmente…
Renzo Montagnoli:
In linea di massima concordo. Certo è che una coppia che ha sempre desiderato avere un figlio e per problemi biologici non è riuscito ad averlo in gioventù, ora che ci sono concrete possibilità con i ritrovati della scienza si potrebbe porre la domanda a cui non è possibile dare una risposta univoca. “Non siamo più giovani, ma abbiamo finalmente la possibilità di mettere al mondo nostro figlio. Che facciamo?”. La risposta non può essere univoca, perché diverse possono essere le situazioni. In particolare penso che una coppia che non ha superato la cinquantina d’anni avrebbe buone possibilità di rispondere affermativamente. A quell’età non si è certo giovani, ma si è ancora in grado di svolgere l’attività di genitori; le fatiche, i problemi, le notti insonni dei primi mesi di vita del bimbo possono essere affrontati ancora con sufficiente vigoria e con uno spirito evolutivo. Mi riesce invece difficile comprendere il percorso mentale di donne di una sessantina di anni che partoriscono un bebé, con un atteggiamento nei suoi confronti che è più da nonna che da madre. Non parliamo poi di quelle che già hanno figli adulti e ne mettono al mondo un altro.
La legge per principio tutela la nuova vita, perché è nell’ambito dell’evoluzione della specie che essa trova le sue radici. Credo che un bambino partorito da una donna molto avanti con gli anni non possa trovare quello sviluppo formativo proprio dei suoi simili, generati però da madri più giovani.
Poiché queste nascite tardive sono frutto di cure e interventi medici credo che il legislatore farebbe bene a mettere un tetto d’età, sempre nell’osservanza della tutela del nascituro. Lo slancio e la dedizione di una madre in giusta età è incomparabile con quello di una donna che egoisticamente vuole dare un senso alla sua vecchiaia, non accorgendosi in tal caso che il soggetto autentico di questa riproduzione non è lei, ma il bambino, che ha tutto il diritto di crescere non in un mondo di vecchi.
Ti ringrazio per l’intervento, Renzo, che avvalora il mio pensiero. Credo che la legge preveda già un limite di età, credo 55 anni, ma mi sembra ugualmente troppo alto come limite. Prima di prendere certe decisioni, che non coinvolgono solo la propria vita, credo che una donna, soprattutto una donna, dovrebbe guardare avanti e immaginarsi, mettersi nei panni, del nascituro. Forse rinuncerebbe al suo sogno, che continuo a considerare meramente egoistico. Mi vengono in mente altri episodi che riguardano maternità che considero atti egoistici: madri che, colpite da malattie che le avrebbero portate da lì a poco alla morte, hanno voluto ugualmente concepire e mettere al mondo un figlio (e considerate dai media “madri coraggio”) rendendoli così orfani già da neonati. O il caso di una madre che, nel 1994, mi pare, a 63 anni, diede alla luce un bambino. In precedenza, a questa signora, era morto un figlio di soli 17 anni. Ecco perché si affidò alle cure dei ginecologi per aver la possibilità di una nuova maternità. Pur provando una immensa pietà per una madre che perde un figlio, questa scelta mi sembrò allora, e mi sembra ora, del tutto inaccettabile.
Tinti:
…ho fatto 10 giorni la nonna a tempo pieno delle mie due nipotine e proprio per questa esperienza
ti dò pienamenrte ragione: le mamme(e i padri ovviamente) non possono essere nonne ,devono avere energia da vendere,la schiena dritta e il cervello sempre vigile ,mai un colpo di sonno nè pensieri tristi nè momenti di depressione (almeno rari),scatto davanti al pericolo, fermezza e non voglia di viziare un poco …..penso a chi ,con un figlio a 55 anni (io ne ho ora 64 come te!),avrà 70 anni e un adolescente da capire e guidare….
Parli con la voce dell’esperienza, Tinti, e quindi penso che il tuo intervento sia importante dal punto di vista pratico. Tu, dovendo accudire dei nipotini, sai cosa significhi la fatica anche fisica, ma non solo, che questo comporta. Ma, comunque, sei sempre nonna, e non madre: con responsabilità verso la loro educazione, verso la loro formazione, minore di quella che si richiede a un genitore. I nonni viziano (benevolmente), i genitori formano. E una madre anziana tenderà, a mio avviso, più a viziare che a formare.
Per la tua esperienza a L’aquila, cara Tinti, mi piacerebbe saperne di più. Mi piacerebbe pubblicarla in un post. Se vuoi, mi puoi contattare qui: milvia.comastri@gmail.com
Mirella:
In linea di massima sono d’accordo che per un bambino sia meglio avere genitori giovani.
Ho spesso pensato che la maternità è un desiderio, e una speranza, non un diritto assoluto.
Non mi piacciono i ginecologi che giocano a fare Dio.
D’altro canto, non vorrei mai e poi mai che fosse lo stato a decretare chi può, e come, ricorrere alla fecondazione assistita.
Basta pensare a quanti genitori "naturali" assolutamente incapaci ci sono, ricordando i casi di cronaca in cui madri, naturali, naturalissime, uccidono i figlioletti.
L’argomento è complesso e non nascondo la mia difficoltà a schierarmi.
Capisco, cara Mirella, le tue perplessità. E se anch’io, in genere, sono contraria che lo stato legiferi sulla vita privata dei cittadini, credo che porre, come scrive Renzo, un limite di età per la fecondazione assistita, salvaguarderebbe i diritti di cittadini in fieri. Ma, ripeto, credo che la legge questo limite già lo preveda.
Per quanto riguarda le madri assassine o incapaci non credo poi che sia questione d’età...
Stella:
Non sono d’accordo nel fare i conti a casa degli altri. Lei ha 54 anni, quando lui ne avrà 20 lei ne avrà 74 e magari sarà ammalata… Non sono d’accordo nello sbirciare a casa degli altri e stabilire cosa è giusto o sbagliato secondo il nostro metro, secondo il nostro sguardo. Alla mia età (ne ho 46 visto che stiamo contando) sono madre di due figli in piena "meravigliosa" adolescenza e non ho ancora capito se desiderare e riuscire a mettere al mondo un figlio è un atto di egoismo o d’amore, se è da irresponsabili o no. Sono un po’ lenta quando il ragionamento è difficile. Comunque torniamo all’argomento. Non posso dire se ha fatto bene o non ha fatto bene perchè non sono nei suoi panni. Non so cosa le gira intorno come donna e non mi fido per niente di quello che sento dire, di quello che posso leggere sui giornali come Chi o compagnia bella. Se c’è un po’ di simpatia tra donne che hanno avuto la possibilità di diventare mamme, allora penso che la signora Nannini farà del suo meglio, indipendentemente dalla sua età, e per suo figlio sarà la migliore mamma del mondo.
Forse, Stella, non mi sono espressa bene, nello scrivere il mio post. Non volevo sbirciare in casa della signora Nannini. Non ho letto Chi (ho visto solo su internet un commento in cui si diceva che il settimanale era uscito in edizione straordinaria, e mi è sembrata una cosa assolutamente ridicola). Ho preso solo spunto dalla notizia della sua futura maternità per affrontare una questione che mi sta a cuore. Stabilire con il nostro metro cosa, secondo noi, sia giusto o sbagliato, credo sia una pratica che compiamo tutti quotidianamente. Altrimenti non avremmo opinioni, e sarebbe ben triste. Non ho elementi per pensare che sia la signora Nannini e le altre donne che hanno preso una decisione simile, non faranno del loro meglio per essere brave madri. Ma l’età sarà senza dubbio un limite, un grosso limite: fisico e psichico.
Franz:
Come molti argomenti riguardante l’etica, l’argomento è difficile, complesso, e lo testimoniano i commenti che ha provocato, ciascuno dei quali dà un contributo e un punto di vista differente alla discussione.
Vorrei aggiungerne un altro, che forse complica ulteriormente le cose.
Mi sembra un’aberrazione evidente allontanarsi dalle regole, ritmi, cicli naturali, nella fattispecie l’età della fertilità femminile. Ci siamo ormai abituati alle ‘primìpare’ quarantenni o quasi, ma un parto a cinquant’anni continua a fare un certo scalpore, e a sessanta un certo disgusto.
E’ giusto, come tu Milvia ed altri commentatori sostenete, mettersi dalla parte del bambino, ed è probabile che quel bambino abbia davanti una vita difficile, e debba un giorno rendersi conto che la sua esistenza sia frutto più di vanità che di amore.
Ma siamo certi che preferirebbe non essere nato? Credo di no, nella stragrande maggioranza dei casi.
E’ abbastanza paradossale, ma possiamo trovarci di fronte, per queste vite, a ‘doni non voluti’, o meglio elargiti senza i giusti prerequisiti e la giusta dedizione, addirittura come effetto collaterale di un egoismo di fondo. Ma pur sempre doni…
La trasmissione e la diffusione della vita, ma anche della crescita e dell’educazione, hanno regole e possibilità e risorse davvero strane.
Comunque sono d’accordo nel promuovere una cultura attenta alla natura, e ai bisogni dei più deboli, dato che ce ne stiamo sempre più allontanando, e che, al di là dell’opinabile fenomeno delle madri tardive, questo allontanamento genera violenza, odio, dolore e morte.
Caro Franz, nel tuo commento hai evidenziato un punto che mi ripromettevo di affrontare in questo nuovo post (avevo scritto infatti nel precedente che avevo altre cose da aggiungere): l’allontanarsi dalla natura, lo stravolgerne i canoni. Se la natura ha fissato certe regole credo che un motivo ci sia.
E un conto è cercare, ad esempio, di debellare malattie, sperimentando nuove soluzioni: le malattie sono comunque una deviazione del percorso naturale di una vita, e molto spesso, e forse sempre, sono dovute proprio a una disarmonia nella natura creata dall’uomo. Ma alterare i ritmi della natura, lo trovo, come te, aberrante. E sono anche convinta che, al di là del tema qui affrontato, se continueremo a violentarla, la natura, questa violenza non ci porterà a nulla di buono.
Poi, sì, forse tutti preferiamo esserci, nella vita, piuttosto che non esserci. La vita è sempre un dono, tu dici, ed è vero. Però… Beh, hai ragione, Franz: l’argomento è difficile e complesso
Patrizia:
Ti ho scritto come la penso.
Non voglio fare i conti in casa di nessuno.
Ho 54 anni e non mi sognerei di mettere al mondo un bambino destinato inevitabilmente a rimanere orfano prima del tempo.
Un figlio di cui non sarei in grado di seguire la crescita, la maturità, l’avverarsi o meno dei sogni.
Un figlio a cui darei preoccupazioni in un’età in cui unico pensiero dovrebbe essere affacciarsi alla vita e scoprirla nella sua bellezza e nelle sue contraddizioni.
Un figlio probabilmente costretto ad accudirmi o ad affrontare vuoti di memoria, in un’età in cui dovrebbe ricevere dalla madre memorie, ricordi e radici.
Non ho altro da aggiungere, Patrizia: molto simile è il nostro pensiero. Figurati che già io mi angoscio pensando che fra qualche anno mio figlio, che è già ora adulto, dovrà prendersi cura di me, e proverà il dolore e lo smarrimento, nel vedermi cambiare mentalmente e fisicamente giorno per giorno, che io provato per la mia mamma. E se mio figlio fosse ancora un bambino, oggi, come mi sentirei?
Margaret Collina:
…Quanto all’interessante dibattito: sono totalmente d’accordo con te.
Io che ho gravi problemi con mia madre, mi chiedo cosa avrei fatto se fossi stata giovane, all’università, o in cerca del primo lavoro, o appena sposata…
La maternità è un atto di amore…per un altro essere umano e non per noi stessi.
Io non ho voluto essere madre perchè non mi sentivo all’altezza.
E anche il problema del corso naturale degli eventi, mi sembra da affrontare.
E’ perfettamente inutile pensare che con la chirurgia plastica si possa fermare il tempo, così come è stupido pensare che dopo la menopausa si sia esattamente come prima.
Perchè ci arrabbiamo se con mezzi meccanici qualcuno tiene in vita persone che sono arrivate alla "fine naturale", e poi facciamo cose assurde per procreare in modo che di "naturale" non ha nulla?
E’ un mondo incoerente, che chiede più ecologia e naturalità, finchè non conviene ricorrere a mezzi innaturali per i propri interessi.
E anche queste donne che hanno tutto dalla vita, che hanno provato tutto, che sono piene di soldi, che potranno contare su infiniti aiuti e mezzi per i loro pargoletti, non comprendono di essere un pessimo esempio per coloro che pedestremente le imitano e poi si ritrovano a 70 anni, con una misera pensione, il marito ormai vecchio…e un adolescente da accudire.
Anche tu, Margaret, tocchi un tema di cui mi ripromettevo di parlare: una certa analogia fra il prolungamento forzato e meccanico della vita, quando vita ormai non c’è più, e il prolungamento altrettanto forzato e artificiale dell’età fertile di una donna. Ambedue sono una violenza sul percorso naturale di una vita. C’è solo una differenza: che io, mentre decido di accettare o non accettare questa forzatura, coinvolgo solo me stessa. E quindi posso agire come più mi aggrada. Mentre volendo diventare madre in un età non consona coinvolgo anche la vita di mio figlio. Ed ecco dove sta l’egoismo.
Ma questi sono i tempi che stiamo vivendo. Tempi malati di delirio di onnipotenza, tempi in cui vogliamo tutto, senza rinunciare a nulla: giovinezza eterna, successo, bellezza (quella del corpo, non certo quella dell’anima…). Ci sarà un ritorno all’armonia? Mah… ho molti dubbi.
Stella:
Proprio non riesco a capire. Ragioniamo come le compagnie di assicurazioni che calcolano il premio da pagare in base agli anni che hanno le persone che stipulano un’assicurazione sulla vita? Cosa impedisce ad una persona di venticinque o trent’anni di ammalarsi gravemente? Secondo me mettere al mondo un figlio è un atto che si fa "senza pensare" seriamente a tutto quello che potrebbe capitare! E chi c’è di più irrespondabile dei "giovani" (concetto che ultimamente avrebbe bisogno di essere ridimensionato)? Esiste per fortuna la libertà di scelta, e all’interno di questa c’è la possibilità di scegliere di non avere figli o di averne a più di cinquant’anni. Esiste la libertà di poter dire pensare di avere un figlio quando ci si sente pronti.
Le nuove tecnologie, le nuove scoperte della medicina e tutto il resto lasciano il tempo che trovano. Non si dovrebbe giudicare nessuno. E se a qualcuno interessa conosco madri giovani (tra i venti e i trenta) insopportabilmente asfissianti e primipare tardive (quaranta) estremamente equilibrate.
Leggo solo ora, Stella, il suo ultimo commento. Rispetto il suo pensiero, naturalmente. E, leggendo tutte le risposte che ho lasciato in questo post, spero che lei possa capire meglio il mio.
Beh, per alleggerire un po’ questo post, ecco una canzone, in tema di mamma: l’allegra
Viva la mamma
cara Milviaci mancherebbe che non dovessimo più essere amiche solo perché abbiamo ideee diverse su un particolare argomento!…Io comunque sono sempre per sviluppi ulteriori di qualsiasi fenomeno inerente all'evoluzione della specie umana..Cerco di liberarmi, con fatica e il più delle volte senza riuscirci, di quei condizionamenti che col tempo potrebbero anche mutare.Nel medio evo l'età media di un adulto era tra 28 e 32 anni e quindi a 35 una persona si poteva ritenere prossima a morire…Mi baso su queste considerazioni, e altre di questo genere, nient'altro.ciaoti voglio un mondo di bene anch'io.cri
ciao, ho letto i commenti e voglio aggiungere anche il mio pensiero che si discosta totalmente da quelli già inseriti. io credo che ogni essere umano scelga a priori, a seconda del proprio interesse karmico, i propri genitori e il proprio cammino, quindi, sotto questo aspetto nulla possiamo giudicare .un bacio
Cri: Mah… Certo la vita si è prolungata e tanto, e si prolungherà sempre di più… Però non mi convincono, più ci penso più non mi convincono queste mamme/nonne. Come non mi convincono tutti gli interventi di chirurgia estetica per diventare vecchie/ragazze…Un mondo di bene? Io di più!!!!!!Milvia
PiadellaMura: ipotesi affascinante… Però, che interesse karmico sfi..pardon, sfortunato, hanno certi figli… Mi verrebbe da dire autolesionista…Scherzo, Pia, rispetto molto la tua opinione, invece,Ricambio l'abbraccio.Milvia