L’impossibilità di sapere (e resta soltanto quel segno di gesso per terra)

Carlo Maria Maggi: non colpevole!
Delfo Zorzi: non colpevole!
Maurizio Tramonte: non colpevole!
Francesco Delfino: non colpevole!
Pino Rauti: non colpevole! (Per lui è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto dalle parti civili e le spese processuali sono state poste a carico delle parti civili che hanno presentato il ricorso!!!)
Questo il risultato della sentenza definitiva pronunciata due giorni fa dalla Corte d’Assise di Brescia, a conclusione del sesto (sesto!) processo sulla strage di Brescia.
La bomba, fatta esplodere il 28 maggio 1974 (fatta esplodere forse da un extra terrestre? da un fantasma? da Paperino?)  in Piazza della Loggia, mentre si stava svolgendo una manifestazione anti-fascista, uccise 8  persone e causò il ferimento di altre 108.
Ma colpevoli, dice la sentenza, non ce ne sono. O, meglio, ci saranno anche, ma non sono gli imputati, afferma, irreversibilmente, la sentenza. Aggiungendo così, all’elenco dei nomi e cognomi dei morti, altri due nomi: Giustizia e Verità. Ma è anche vero che la signora Giustizia, la signora Libertà,  compaiono sempre fra le vittime di tutte le stragi che hanno sconvolto l’Italia.
Il titolo del mio post riprende quello dell’articolo che Piero Ignazi ha pubblicato sull’edizione on line della rivista Il Mulino, uscita oggi. Forse, ora che ci penso, più che “L’impossibilità di sapere”, io direi “Il divieto di sapere”. È una storia che si ripete ogni volta. La verità ci è negata, è negata a noi,  come cittadini (Piero Ignazi a conclusione del suo articolo scrive: Tuttavia il liberi tutti decretato a Brescia ci fa sentire un po’ più sudditi che cittadini: a noi gli arcana imperii sono ancora preclusi. E questo immiserisce non poco la qualità della nostra democrazia). La verità è negata soprattutto ai parenti delle vittime.  È negata ai feriti che ancora si portano addosso la sofferenza che… ignoti hanno procurato loro quel mattino di maggio.
Come Enzo Romani, che da 38 anni vive con una scheggia di ferro che gli si è piantata a pochi millimetri dal cuore,  che ha il viso ustionato, che ha perso una parte della sua potenza uditiva. Tutto questo gli ha rubato una parte della vita, gli ha modificato il carattere,  dice in un’intervista, e si chiede: Che scelte avrei fatto se non fossi stato lì, quella mattina?
Mi spiace non aver trovato  testimonianze di altri feriti, in rete, perché le avrei riportate volentieri:  di loro, a parte nei  giorni immediatamente successivi  alle tragedie, ben raramente si parla: non ci chiediamo mai come è la loro vita di sopravvissuti.

Stragi,  inchieste depistate, bugie, sostituzione di documenti (vedi questa notizia), sentenze assurde: un percorso buio della nostra storia, che non può essere assolutamente dimenticato. Eppure molti giovani non ne sanno nulla. Fra poco neppure dei fatti di Genova (una strage, a mio parere, anche quella:  ha causato una vittima, e ha segnato non solo i corpi, ma, indelebilmente, anche l’animo dei tanti ragazzi che hanno subito le torture) le nuove generazioni avranno conoscenza.
Io vorrei  che di tutto questo si parlasse nelle scuole. Vorrei che queste vicende  fossero inserite nei programmi scolastici, ma non racchiuse in  due paginette alla fine dei libri di storia. Se  è  vero che è necessario conoscere il nostro passato lontano, se  conoscere i primordi della nostra storia e della storia del mondo può aiutare a far capire chi siamo oggi,  credo tuttavia che a questa conoscenza, la scuola, dedichi un tempo eccessivo.
In pratica, a partire dalle elementari in avanti, fino alle superiori, non si fa altro che studiare, con diverso approfondimento, le stesse cose: dalla preistoria,  e, se va bene, al primo dopoguerra della seconda guerra mondiale, e si lascia  ben poco spazio a quello che è avvenuto in seguito. E ho scritto “se va bene”, perché mi risulta che molti studenti non sappiano neppure cosa sia la Soha…  Secondo me, l’ultimo anno di ogni scuola (di ogni ordine e grado, come si usa dire), dovrebbe invece essere dedicato alla storia dei nostri ultimi 50, 60 anni. Non so cosa ne pensiate voi…

Dalla giustizia ingiusta della sentenza sulla strage di Piazza della Loggia sono arrivata a parlare di scuola. Forse perché sono convinta che è nella scuola che si formano le persone. Nella scuola si formano i futuri giudici, i futuri politici, i futuri economisti, i futuri poliziotti, i futuri giornalisti. E i futuri cittadini.  Se la scuola è una buona, onesta, lungimirante palestra, chi ne uscirà avrà più probabilità di essere un amante della giustizia, della verità, della vera democrazia. Di essere cittadino e non suddito, di essere amministratore del bene comune e non dei propri interessi.

Dell’iniqua sentenza ne ha parlato questa mattina Tutta la città ne parla (qui potete ascoltare la puntata), la bella trasmissione  condotta da Giorgio Zanchini su RadioTre. L’apporto musicale di oggi è stata una canzone di Francesco De Gregori: Tempo reale. Qui sotto il testo. Come potete vedere  è  amaramente attuale.

Paese di terra terra di cani
Paese di terra e di polvere
Paese di pecore e pescecani
E fuoco sotto la cenere
Dentro le stanze del Potere l’Autorità
va a tavola con l’anarchia
Mentre il ritratto della Verità si sta squagliando
e la vernice va via
E il Pubblico spera che tutto ritorni com’era
che sia solo un fatto di tecnologia
E sotto gli occhi della Fraternità
la Libertà con un chiodo tortura la Democrazia
Paese di terra terra di fumo
paese di figli di donne di strada
E dove se rubi non muore nessuno
E dove il crimine paga
C’è un segno di gesso per terra
e la gente che sta a guardare
Qualcuno che accusa qualcuno
Però lo ha visto solamente passare
E nessuno ricorda la faccia del boia
è un ricordo spiacevole
E resta soltanto quel segno di gesso per terra
Però non c’è nessun colpevole
Paese di zucchero, terra di miele
Paese di terra di acqua e di grano
Paese di crescita in tempo reale
E piani urbanistici sotto al vulcano
Paese di ricchi e di esuberi
e tasse pagate dai poveri
E pane che cresce sugli alberi
e macchine in fila nel sole
Paese di banche, di treni di aerei di navi
che esplodono
Ancora in cerca d’autore
Paese di uomini tutti d’un pezzo
Che tutti hanno un prezzo
e niente c’ha valore
Paese di terra terra di sale
e valle senza più lacrime
Giardino d’Europa, stella e stivale
Papaveri e vipere e papere
dov’è finita la tua dolcezza famosa tanto tempo fa
E’ chiusa a chiave dentro la tristezza
dei buchi neri delle tue città
Chissà se davvero esisteva una volta o se era una favola
o se tornerà
E però se potessi rinascere ancora
Preferirei non rinascere qua

E qui il video della canzone.

Immagine iniziale:Altre notizie

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8 risposte a L’impossibilità di sapere (e resta soltanto quel segno di gesso per terra)

  1. annamaria49 ha detto:

    Condivido il tuo pensiero, cara Milvia, la scuola è una palestra dove si formano gli individui del futuro; ma aggiungo che anche la famiglia è parte in causa: la formazione culturale getta il seme della conoscenza, la famiglia l’esempio da perseguire.
    Un articolo molto interessante, purtroppo la Giustizia non sempre adempie al suo compito e molti casi restano impuniti. La Giustizia è fatta di uomini e qui nasce il problema.
    affettuosità
    annamaria

    • Milvia ha detto:

      L’ho sempre sostenuto anch’io che la famiglia è la prima fucina per forgiare l’individuo. Ma mi accorgo sempre di più che troppe famiglie non sono in grado di farlo…
      Un abbraccio, cara Annamaria.

  2. maria ha detto:

    Cara Milvia, niente da dire oltre quello che tu hai già detto solo un disincanto estremo e forse pericoloso, perchè non credo sia solo mio, ma che è quasi, istintivamente, inevitabile. Le cose che andrebbero messe in gioco, in questi tempi, per dare una svolta, sarebbero davvero tragiche a mio parere…mi fermo qui.
    ciao
    maria

    • Milvia ha detto:

      Disincanto, hai detto bene… Che è pericoloso, come è pericoloso smettere di sognare. Ma è a questo che ci stanno portando.
      Un bacio, cara amica.

  3. Luca ha detto:

    Questo amabile e terrificante Paese che ci avvolge ma un po’ ci soffoca, che ci nutre ma a volte le porzioni sono scarse e poco commestibili, che vagola capriccioso fra il G-8 e il Paese dei Campanelli, nonostrante tutto lo amo.

    Come si ama un coniuge “bagolò” (intraducibile espressione parmigiana che riassume in sè inganno, imbroglio, arroganza, cinismo conditi però da una irresistibile contadinesca arguzia che mitiga il giudizio che altrimenti sarebbe tagliente) che sa darti momenti di assoluta estasi ma non sai cosa succederà un secondo dopo.

    Come si ama un coniuge appesantito che però promette sempre di mettersi a dieta e di andare dall’estetista, lo ha già fatto 18 anni fa ma si vede che ha trovato dietologo ed estetista decisamente non all’altezza, e alla fine i rotolini di grasso e le borse sotto gli occhi le si ama a prescindere e magari se dovessero scomparire ne proveresti una illogica nostalgia.

    Questa allucinante incredibile meravigliosa insopportabile Italia, la nazione che è un magistrale accumulo di ossimori e vanta più imitazioni della Settimana Enigmistica.

    • Milvia ha detto:

      Trovo molto… poetiche le tue similitudini, caro Luca (bellissimo il termine “bagolò”, cui non saprei dire qual è il corrispondente nel mio dialetto). Io non so più se amo questo Paese, però. Amo i suoi paesaggi, le sue opere d’arte, la musica, anche il cibo, perché no. Ma non basta, questo amore per farmelo sentire ancora mio. No, questo amore non basta.
      Ci sarebbe altro da aggiungere, ma devo uscire, che sono in ritardo. Così basta, non dico altro.
      Buona serata, Luca caro.

  4. ioviracconto ha detto:

    Questo è un paese nato male e cresciuto peggio. La ribellione allo stato delle cose è quasi sempre il qualunquismo. Oggi c’è Grillo, ieri c’era il Movimento dell’uomo qualunque. Non c’è presa di coscienza dove non c’è identità storica, senso di appartenenza, mancanza di coscienza nazionale.

  5. Milvia ha detto:

    No credo che il Movimento 5 stelle possa essere paragonato, però, al partito fondato da Giannini. Anche se non sempre sono d’accordo con Grillo non posso certo considerare qualunquista il suo pensiero. E conosco consiglieri comunali e regionali che appartengono al suo movimento che sono tutt’altro che qualunquisti. Conoscono bene i problemi del territorio della cui amministrazione fanno parte, si impegnano affinché questi problemi vengano risolti, con assoluta trasparenza.
    La presa di coscienza spetta a ogni singolo cittadino, anche nella quotidianità. Il senso di appartenenza può essere un valore, se si vive nel rispetto dell’altro, ma può essere, se vissuto in maniera meramente nazionalistica o territoriale, uno dei mali peggiori.
    Grazie per il commento, che mi ha dato modo di esprimere un mio pensiero.
    Ciao!

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