Femminicidi, infanticidi

In lingua inglese il termine femminicidio veniva usato già nel 1801 in Inghilterra per indicare l’uccisione di una donna. Più recentemente il termine è stato usato negli appelli internazionali lanciati dalle madri delle ragazze uccise a Ciudad Juàrez.
In Italia compare per la prima volta in  cronache riferite alla divulgazione del “femicidio” di Ciudad Juàrez e viene poi adottato ufficialmente a Napoli in occasione della richiesta, al Sindaco Rosa Russo Jervolino, della concessione della cittadinanza onoraria a Safija Hussaini per scongiurarne la lapidazione in Nigeria. (da Wikipedia).

Il 29 aprile scorso ho pubblicato un post dal titolo Cinquattaquattro: erano cinquantaquattro, infatti le donne uccise in Italia a quella data.
Oggi, 10 luglio 2012, le vittime, sono più di 80.
Una mattanza, un’insostenibile mattanza che sembra non volersi fermare, e che, anzi, ha un moto di accelerazione spaventoso.
Ma oggi voglio affrontare anche un altro aspetto di questa mattanza, che forse non viene evidenziato abbastanza dai media in tutta la sua drammaticità.
Femminicidio. Ma non solo. A questo termine voglio aggiungerne un altro, ugualmente e forse ancor più terribile: infanticidio.
Molti, quasi la totalità dei delitti, sono stati compiuti dai mariti o dai compagni delle vittime. Alcune di queste coppie avevano bambini.
Un bambino che, a causa di una malattia o di un incidente, diventa orfano, resta indubbiamente segnato da questo dramma in maniera molto pesante, con ripercussioni più o meno gravi su tutta la sua esistenza.
Ma quando è la mano del proprio padre a ridurlo nella condizione di orfano, cosa avviene nella mente di un bambino? Sono fermamente convinta che, con quell’atto criminale, il padre  uccida anche l’infanzia del figlio, o dei figli. Credo che solo l’orrore possa dimorare da quel momento in poi nell’esistenza di queste piccole vittime. Quali punti di riferimento potranno avere? Come potranno “perdonare”?  Cosa sarà di queste creature senza più infanzia?  Cerco di mettermi nei loro panni, ma vedo solo uno schermo nero.
Credo che neppure l’affetto di nonni o parenti amorevoli che si prenderanno cura di loro possano ricostruire quella spensieratezza che è un diritto dell’infanzia.  Né, tantomeno, l’ausilio di indaffarati assistenti sociali, seppur provvisti di capacità e buona volontà.
Cosa ne sarà di questi bambini? Basterà una vita per elaborare quanto, molto spesso, è accaduto sotto i loro occhi? Doppiamente orfani, privati dell’amore della madre e impossibilitati, io credo, a continuare ad amare il padre.   Cosa ne sarà di Anna Maria, Simona e Carlo, figli adolescenti  di Maria e Salvatore, quel Salvatore che giorni fa, a Palermo, ha ucciso la moglie e poi le ha dato fuoco?

Ecco perché, oltre ad appoggiare la proposta di legge presentata dalla senatrice  Anna Maria Serafini che riguarda il reato di femminicidio,  vorrei che fosse contemplato, quando sussiste, il reato di infanticidio come aggravante per la pena.

Infanticidio. Perché è anche questo il  crimine che commette un padre quando uccide la madre dei propri figli.  Un doppio, inaccettabile delitto.
Pensiamoci, a queste infanzie uccise.

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6 risposte a Femminicidi, infanticidi

  1. lauraetlory ha detto:

    Hai ragione Milvia, pensiamoci e continuiamo a parlarne perché non si dimentichino numeri e fatti.

  2. fiorella ha detto:

    Milvia, sottoscrivo le tue affermazioni parola per parola (e con tanto magone, perché di questi bimbi doppiamente orfani non ne parla nessuno). Grazie, sei come sempre sensibile e preziosa.
    Fiorella Borin

  3. Luca ha detto:

    Potrei tacere questo particolare e forse esso ti imbarazzerà, ma ormai mi conosci e sembri gradevolmente prendermi come sono (perfino meglio di come mi prendo io): ho già avuto modo di dirti che questo delicatissimo argomento, che ci conferma su come sarebbe opportuna una decrescita se queste “magnifiche sorti e progressive” di leopardiana memoria puzzano così tanto di Medio Evo, meriterebbe la nobile fatica di un tuo racconto.

    Qui lo ripeto.

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